L’arringa di Bossi: “Il Nord non molla”

Al Museo del Tessile il senatur e Rosy Mauro affiancano Reguzzoni scatenando il popolo leghista

Sussurri e grida: questo il duplice stile con cui la Lega Nord porta al calor bianco la sua campagna elettorale in quel di Busto, "fortezza" del Carroccio erosa nel tempo non dagli avversari, bensì dagli alleati, per la serie "dagli amici mi guardi Iddio…" Ad appoggiare Marco Reguzzoni – o meglio a spingerlo letteralmente avanti («ho la pistola alla tempia» si lascerà scappare prendendo la parola) – arriva al Museo del Tessile il Senatùr Umberto Bossi, più battagliero che mai. Accanto a loro Rosy Mauro, sindacalista d’assalto e segretaria del SinPa, e gli stati maggiori locali del Carroccio.

Scopo formale della serata era presentare il futuro campus di Beata Giuliana previsto nella convenzione Busto-Provincia, ma il discorso, fatalmente, è caduto altrove. Il cambiamento passa dalla Provincia e dalla Regione, grida Mauro al pubblico: e Reguzzoni è pronto a cogliere la palla al balzo. Dopo aver rivendicato l’arginamento dell’invasione cinese tramite i contatti a Bruxelles, va giù duro: «Roma ci tratta da schiavi. È intollerabile che tuttora le Fs non colleghino Malpensa. È intollerabile che qui il lavoro sia precario, mentre in Calabria si assumono i forestali a tempo indeterminato… Busto, poi, da sola paga 1,2 miliardi di euro in tasse varie l’anno – e il Comune si ritrova appena 80 milioni in bilancio, significa che qui resta lo 0,75% appena della ricchezza. La Lega da Busto in nove anni al governo ha fatto sparire i rom, eppure i furti in appartamento aumentano di nuovo. Il governo intanto che fa? L’indulto: ma chi ruba, deve andare in galera!»

«Chi ha detto che le donne sono il sesso debole, non conosce Rosy Mauro: è gagliarda, fa i comizi in fabbrica questa» dirà Bossi. La pasionaria del SinPa scatena la sala con un discorso ad altissimo volume, pieno di veleno contro gli immigrati, la triplice sindacale Cgil-Cisl-Uil, il governo Prodi, i DiCo, Montezemolo, tutti diabolicamente alleati per la rovina del popolo in camicia verde. «Con la nuova legge sull’immigrazione e il voto agli immigrati saremo schiavi a casa nostra» tuona. «Gli extracomunitari avranno la corsia preferenziale per lavoro e casa, e i sindacati gestiranno tutte le loro pratiche, dopo essersi opposti al federalismo e aver rubato la liquidazione ai lavoratori… Ho chiesto che si facciano i fondi regionali per la gestione del Tfr: il denaro dei lombardi deve restare qui invece di essere usato per Trenitalia e la Salerno-Reggio Calabria. Sono loro i veri razzisti che vogliono distruggere le nostre radici e la famiglia…» Mauro chiude invocando le gabbie salariali, perchè al Nord la vita costa di più: «ma Cgil, Cisl e Uil si oppongono, sono bracci operativi di una politica che se ne frega se i pensionati campano con 6-700 euro al mese».

«Reguzzoni è un ottimo elemento, per questo ho voluto ricandidarlo» afferma Umberto Bossi, prima di partire all’assalto del governo. Da un lato martella spietatamente la nuova legislazione sull’immigrazione che «apre il Paese in modo indiscriminato – quando avranno dato anche il voto agli immigrati non avremo più i nostri sindaci, nè le nostre chiese, e spunteranno le moscheee». Dall’altro il senatùr sembra lasciare uno spiraglio a Prodi sul federalismo fiscale: «Dice che è d’accordo… vedremo, l’Italia ha bisogno di riforme, ma si deve passare dalle parole ai fatti». E partono avvertimenti e velate minacce: «Questo è l’ultimo tentativo per ottenere la libertà. A tutto c’è un limite, oltre quello i buoni diventano cattivi».

Al peggio ci sarà mai rimedio? Pare di sì: «Sindaci e presidenti devono essere nostri, gente conosciuta, cui la gente possa riolgersi con fiducia, suonandogli il campanello…» Esattamente a quel punto, con riflesso da felino, arriva il sindaco forzista Gigi Farioli, il cui breve e vigoroso discorso mira a togliere a Bossi ogni velleità di trattare con il governo: «Prodi dà ragione a tutti, quindi a nessuno. Sabato del resto era a piazza Navona, non in Piazza San Giovanni con il popolo della libertà, cui io e Reguzzoni apparteniamo». Ma Bossi, incalzato dai cori da stadio dei Giovani Padani che lo invocano, è scatenato. Racconta di quando mobilitò Tremonti per fermare l’invasione cinese nel tessile; rilancia l’uso del dialetto, «che papà mi diceva di parlare sempre a casa»; ricorda che «da queste parti anche il Barbarossa con l’esercito più forte del mondo ha preso quatar pesciàa ‘n del cüu». Morale: bisogna votare Lega per dimostrare che «il Nord non molla, questo deve essere il segnale». 

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Pubblicato il 15 Maggio 2007
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