Mastella: «Giustizia in difficoltà? L’ho ereditata in questo stato»

Il ministro richimaa i suoi provvedimenti per l'assunzione di personale e annuncia un'iniziativa per tagliare i tempi della giustizia, ma rigetta ogni responsabvilità per una situazione ereditata

Un ministro in visita è sempre un evento. Se poi il ministro è quello della Giustizia, in una città come Busto Arsizio segnata dai cronici problemi del suo tribunale, l’evento è ancora più rilevante. Clemente Mastella non era in visita propriamente ufficiale: in città arrivava, almeno in un primo momento, per sostenere la candidatura alle elezioni provinciali di Paolo Caccia per il Polo Civico di centro. Già che c’era, però, una vista al nuovo tribunale appariva quantomai opportuna. Non mancava nessuno: vertici di tutte le forze dell’ordine, prefetto, autorità comunali, stampa al completo e in forze, per accoglierlo come si conveniva.

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Il ministro Mastella a Busto 4 di 12

Subito assalito da microfoni e telecamere, Mastella ha ricordato il suo recente provvedimento, passato dopo aspre lotte in Consiglio dei Ministri, per consentire l’assunzione di 2800 persone nell’amministrazione della giustizia – «ho fatto questa richiesta con in pugno la spada di Brenno: o così, o avrei preso altre strade» confesserà. Una piccola boccata d’ossigeno che tuttavia si rivelerà davvero tale a patto che i 2800 siano davvero inviati là dove servono, e che ci restino. Altra idea cara a Mastella – e accarezzata un po’ da tutti – è lo snellimento dei tempi processuali: «Ho presentato due progetti di legge, uno sul civile e uno sul penale, per limitare al più a cinque anni la durata dei procedimenti, pronunciamento della Cassazione incluso». Mastella parlerà di «eliminare la melina processuale» quale base di partenza per riappropriarsi di una giustizia che funzioni; e non gli si può dare torto, in un contesto, come lui stesso denuncia, che vede 20.000 avvocati "cassazionisti" contro i 90 (novanta) francesi. Non ci si deve meravigliare se i tempi della giustizia diventano biblici, quando non geologici: «l’Italia perde investimenti stranieri anche per l’incertezza dei meccanismi legali» sottolinea.

La vita di un ministro della Giustizia è frustrante: Mastella lo confesserà a chiare lettere dopo essere stato sommerso dai cahiers de doléances di magistrati e avvocati, per una volta uniti nel cantarle chiare all’inquilino di turno di via Arenula. «Logora i nervi sentirsi bersagliare da ogni parte da queste lamentele… almeno però non accusatemi dello stato dell’Autolaghi, che non mi compete» ironizza Mastella rispondendo ad una provocazione. «Eppure anche quella è competenza di un governo che si trova nella classica situazione del carro tirato dai cavalli in due direzioni diverse» – chiaro riferimento alle eterne divisioni dell’esecutivo. «Ogni parte d’Italia è in difficoltà: prendo atto che qui la coscienza del problema matura in modo più forte e sentito». Mastella si scrolla di dosso ogni responsabilità per lo stato attuale della giustizia: «Ho trovato il mio stesso dicastero in queste condizioni. Pensate che ancora oggi ha un terzo di risorse in meno rispetto a tre o quattro anni fa…» Ammettendo di aver una competenza limitata in materia («ho studiato filosofia, non pensavo di diventare ministro della giustizia»), Mastella punta il dito contro quei «luminari del diritto» he hanno contribuito a creare la situazione attuale, subita da lui e da chi nella giustizia lavora. Come a dire: non c’ero, e se c’ero dormivo.

Urgono riforme, ma il moderato e centrista Mastella preferisce non farle a colpi di maggioranza – «altrimenti finiamo come con quelle della scuola…» Per questo il ministro invoca il senso di responsabilità dell’opposizione, avvertendo però che se questo non si manifesterà, lui procederà in ogni caso per la sua strada. E se qualcuno ponesse sul piatto la separazione delle carriere, Mastella mette le mani avanti: «Non è nel programma». Nel programma del ministro c’è invece l’organizzazione di una grande convention nazionale della Giustizia a Roma, «che superi la sterile contrapposizione giudici-avvocati e avvi la riflessione», sperando che non si traduca siolo in giornate di lavoro perse, udienze rinviate e tempi della giustizia allungati. Busto piange? «Tutta Italia è in una situazione eccezionale», ricorda il ministro. «Manca la carta? Dovete stringere i denti, proprio ora che siamo all’inizio di una fase nuova… Non potevate lamentarvi anche prima? (Già fatto, signor ministro, già fatto col suo predecessore…, ndr)» Frasi dettate dalla frustrazione di chi si sente ripetere continuamente, da Mazara del Vallo a Tolmezzo e da Aosta ad Otranto, le stesse umilianti storie di disservizio – e quel che è peggio, proprio da chi vorrebbe tanto rendere un servizio ai cittadini, ma non può.

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Pubblicato il 25 Maggio 2007
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