La morte di Ion Cazacu fa riflettere il Senato

Nel dibattito sul decreto sicurezza l'operaio rumeno ucciso dal datore di lavoro ricordato come esempio di immigrazione virtuosa. La vedova: «Mettere in croce un popolo intero non ha senso, siamo gente onesta»

Ion Cazacu come esempio di immigrazione virtuosa e onestà, da citare di fronte al Senato per dimostrare che "sicurezza e diritti sono due facce della stessa medaglia".
Oggi, giovedì 29 novembre, nella discussione a Palazzo Madama sul cosiddetto “pacchetto sicurezza”, la senatrice cassanese Maria Agostina Pellegatta (Unione Verdi Pdci), ha ricordato la vicenda di Ion «perché nelle scorse settimane s’è corso il rischio che un intero popolo dovesse subire un giudizio frettoloso e sommario – ha detto Pelelgatta -. Un rischio al quale siamo riusciti a sfuggire, pur di fronte alla ferocia del gesto dell’assassinio di Giovanna Reggiani».
Il quarantenne piastrellista rumeno, laureato nel suo Paese in ingegneria, morì il 16 aprile del 2000 dopo un mese di agonia, con gravi ustioni su tutto il corpo. Un mese prima, a Gallarate, lo uccise dandogli fuoco il suo datore di lavoro, Cosimo Iannece, piccolo imprenditore edile, poi condannato con sentenza definitiva: la sua colpa fu quella di aver chiesto al "padroncino", insieme ad alcuni compagni di lavoro, un incontro per uscire dal lavoro in nero ed essere assunto.  

«Insieme a Ion – ha continuato la senatrice – vorrei ricordare quei migranti che, con dignità e fatica contribuiscono a produrre la ricchezza di tutti, a costruire le nostre case, ad avere cura dei nostri figli, a badare ai nostri anziani. Troppe volte i diritti di questi uomini e donne vengono negati. Sicurezza e diritti sono due facce della stessa medaglia e può destare preoccupazione la scelta, presa sull’onda di un dramma, di scindere questi due aspetti. Se oggi affrontiamo, con l’urgenza imposta dallo strumento del decreto, solo l’aspetto della sicurezza, dobbiamo avere la consapevolezza che l’altro provvedimento in arrivo, il cosiddetto “pacchetto sicurezza” dovrà pensare a forme più forti e valide di integrazione ed esigibilità dei diritti. L’unica strada per affermare l’unità di quei due valori è la responsabilità individuale dei comportamenti – ha concluso Pellegatta -. Per questo non è irrilevante ricordare come sia stata proprio una donna rumena a denunciare l’assassino di Giovanna Reggiani, anche contro alcuni suoi compagni di campo. Promuovere i diritti, costruire coesione sociale tra cittadini italiani e migranti, siano essi extracomunitari o comunitari, è parte fondativa di una azione volta a garantire una maggiore sicurezza per tutti». 

Chi ha pagato un dazio enorme per la morte di Ion Cazacu è senza dubbio la moglie Nicoleta: prima la lotta per avere giustizia, poi quella per portare in Italia le due figlie ed ottenere un permesso di soggiorno regolare. Ricordare oggi fa ancora male, forse lo fa ancor di più sentire parole e parole senza vedere i fatti: «Chi paga quando succedono tragedie come quella di Roma – spiega Nicoleta Cazacuè la gente onesta, quella che lavora e che suda per arrivare alla fine della giornata. Mettere in croce un popolo intero non ha senso, come non ne hanno gli episodi di violenza subiti da ragazzi rumeni appena usciti da un supermercato o per strada. Tutti devono pagare allo stesso modo se sbagliano, italiani e stranieri, ricordandosi che il buono e il cattivo sono dappertutto: le leggi per tutelare i più deboli però non ci sono. Io mi sono sentita abbandonata, ho dovuto lottare per ottenere ogni piccolo passo fatto in questi anni. L’ingiustizia subita da me e dalle mie figlie, che non hanno potuto avere un padre né salutarlo per l’ultima volta, è stata enorme: oggi preferisco tenere il ricordo in un cassetto, presente ma lontano. Ricordare da solo però non basta, bisognerebbe ragionare sulle soluzioni. Pensate che oggi io lavoro duramente in una casa di cura a Gorla Minore: se si imponesse un livello limite di reddito sarei cacciata anche io che seppur duramente ce la faccio».   

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Pubblicato il 29 Novembre 2007
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