Nel paese di Solidarnosc

Il diario di Silvano Moroni in viaggio nei paesi della nuova Europa

Ho percorso ormai oltre 10.000 km con il mio viaggio nella Nuova Europa e finalmente sono sul Baltico, quel mare che come un filo di Arianna mi riporta a casa a Sesto Calende.

Ci si chiederà perché ? Molto semplice da qui proviene l’ambra o meglio da qui fin dalla notte dei tempi l’ambra partiva per il sud e guarda un po’ i golasecchiani (civiltà di qualche migliaio di anni fa sviluppatasi proprio a Sesto Calende e dintorni) commerciavano l’ambra. Allora l’aver raggiunto la Polonia e il Baltico con il Bremach Job è un po’ come aver ripercorso la strada di quell’ambra che aveva invece raggiunto Sesto Calende ed oggi si trova nel museo civico.

Ma, io sono qui anche per altro, ho voluto assolutamente raggiungere Danzica, perché questa città ha una storia da raccontare, una storia recente, se vogliamo, ma una storia importante, per l’intera Europa di ieri e di oggi. Nel 1980,infatti, proprio qui, gli scioperi del sindacato di Lech Walesa – Solidarnosc – iniziavano a far tremare il blocco comunista. Oltre venticinque anni dopo, il cantiere navale di Danzica ha assistito al declino di Solidarnosc, ma ha visto l’ingresso della Polonia nell’Europa che con i suoi 38.6 milioni di abitanti, è il Paese più vasto e popoloso tra quelli di recente ingresso nell’Unione europea e Danzica si può tranquillamente dire che è la città simbolo della riscossa polacca.

Da qui iniziò la profonda trasformazione degli assetti politici, sociali ed economici della nazione polacca, che vide il loro acuirsi nel cruciale triennio 1988-1990 e proseguita negli anni successivi. Tale trasformazione non ha certo avuto un andamento lineare, e le tensioni tipiche delle fasi di transizione hanno contribuito a rendere incerte le prospettive. Tuttavia, il rafforzamento dei legami con i paesi occidentali ed il proposito costantemente ribadito di darsi una collocazione compiutamente europea, hanno resistito ai contrasti ed alle divisioni determinando un orientamento condiviso ed incontrovertibile, non solo sul piano politico e sociale o economico, ma anche culturale.

La Polonia che stò visitando in questa ultima settimana, prima di passare alle repubbliche baltiche, mi suggerisce l’immagine di una immensa officina di sperimentazione, dove le realizzazioni mostrano qualche difficoltà a reggere il passo con l’abbondanza dei progetti, tenendo conto che è un paese dotato di notevoli risorse, di una popolazione giovane e con un livello di istruzione abbastanza elevato e che può attualmente vantare un sistema di leggi moderno e sufficientemente garantito, in continuo aggiornamento per adeguarsi alle esigenze dell’Unione. Fra tutti i paesi dell’Europa centro-orientale, inoltre, la Polonia è quello che ha fatto registrare il ritmo medio di crescita più sostenuto nel primo decennio dal passaggio da un’economia di stato all’economia di mercato. Il rapido sviluppo economico, mi dicono, si giustifica in primis con l’ampio processo di privatizzazione dell’industria polacca, che ha consentito l’arrivo di cospicui capitali, accompagnato da un’apertura del mercato a merci, servizi e investimenti. Il livello dei consumi è  quindi aumentato velocemente, e la gamma di prodotti disponibili sul mercato si è accresciuta ed ampliata.

Anche se l’interscambio con i Paesi dell’Unione Europea è in crescita, la vocazione commerciale della Polonia si dirige anche verso la nuova frontiera dell’Unione, i Paesi dell’Europa orientale, ricchi di risorse e prospettive, ma caratterizzati da meccanismi di mercato in formazione e consuetudini complesse e spesso difficili da comprendere per gli occidentali.

La Polonia rappresenta, per cui, una vera e propria porta verso questi Paesi. La maggiore affinità culturale, infatti, fa sì che gli operatori polacchi siano facilitati nel promuovere i propri prodotti in Russia, Ucraina, nei Paesi Baltici, in Bielorussia. Oggi, mi dicono alcune persone di diverse estrazioni sociali che ho intervistato, per quanto ci si possa lamentare, l’Unione Europea resta una conquista assai significativa. Per arrivare ad una collaborazione così forte fra gli Stati ovviamente sono cambiate molte cose: anzitutto, non ci sono più conflitti fra nazioni, inoltre si è arrivati a rispettare buoni standard in materia di democrazia, diritti umani e diritto dei popoli, cosa che per noi era fino a qualche decennio fa una chimera ed abbiamo anche raggiunto una soddisfacente o meglio sufficiente integrazione economica. Naturalmente c’è chi può restare deluso dalla lentezza di questo processo e dalle resistenze, che stà ancora incontrando, tuttavia si deve anche riconoscere quanto è già stato fatto. Proprio su questo concetto ho voluto soffermarmi perchè è anche importante capire quanto l’UE abbia realmente segnato una tappa di progresso rispetto a quel che c’era prima. Non ci si dimentichi che l’Europa intera è stata a lungo un focolaio di conflitti fra nazioni, un vero e proprio campo di battaglia per ben due guerre mondiali. Oggi tutto ciò è fortunatamente alle spalle e l’Europa ovviamente è cambiata e l’odierna l’idea che traspare dei polacchi nei confronti dell’Europa è molto migliorata, soprattutto in campagna dove si è perso un certo scetticismo, con l’arrivo dei primi aiuti europei e la campagna polacca è veramente immensa. Alla fine anche i più scettici hanno capito che il timore di chissà quale catastrofe fosse per il Paese l’Europa era di fatto infondato ed ad oggi non ho trovato forti negatività nei confronti della Nuova Europa. Insomma l’opinione rispetto all’UE, è cambiata, in primis fra i giovani, ma ormai anche se un pò a stento fra i più anziani che ora temono, come per altro in altri paesi, l’ingresso nella sfera Euro. Questa però è veramente un’altra storia e vedremo se tornerò per raccontarvela fra qualche anno.

 

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Novembre 2007
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