Solidarietà al sindaco di Sesto Calende
D'Adda (Ulivo) commenta la vicenda di Sesto, dove il sindaco è stato fatto oggetto di insulti e minacce per essersi reso disponibile a lasciar aprire una moschea
Riceviamo e pubblichiamo
Quanto accaduto in questi giorni a Sesto Calende merita non solo la piena e dovuta solidarietà al sindaco Chierichetti e alla sua amministrazione, ma una riflessione meditata sul clima generale che condiziona la vita politica e sociale della nostra collettività.
Cosa fa quell’amministrazione?
Dà avvio ad un percorso di dialogo, volto alla soluzione di due esigenze della propria città: garantire ad alcune comunità di poter esercitare in luogo adeguato il proprio credo religioso, e nel contempo avviare un metodo di buona integrazione che comporta legalità, ordine e sicurezza per tutti i cittadini.
E’ chiaro che le contestazioni prepotenti, gli atti e le parole violente di alcuni tanto “anonimi” quanto idrofobi codardi, sono avversi in primo luogo proprio alla cultura dell’ordine della sicurezza e della legalità.
Per definirsi “contro” un gruppo sociale – nella fattispecie quello islamico – si muovono contro i cittadini, gli abitanti tutti delle nostre città che vogliono vivere serenamente, senza dover temere conflitti esacerbati che mettano a rischio la vita quotidiana.
Ipotizzano presunti pericoli di domani, quando basterebbe loro guardarsi allo specchio per vedere il reale pericolo di oggi in faccia.
E’ un segnale positivo che tutte le forze politiche di Sesto Calende si siano strette al loro primo cittadino, indipendentemente dalla propria appartenenza.
Così dovrebbe accadere, e mi auguro accadrà, in tutta la provincia.
Nel contempo andrebbe avviata, da parte della classe politica, una considerazione su quanto i linguaggi e la pratica impiegati nel confronto fra le diverse posizioni siano volti davvero allo sforzo di inquadrare e risolvere con buon senso i problemi, e quanto invece bloccati sulla necessità di agitare le paure oggettive e quelle virtuali al fine di “contare” i voti in campagna elettorale.
Anche questo costituisce quell’essere “casta”, che allontana dalla vita reale e dalla gente.
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