Una Polonia da Scoprire
E' quella descritta nel convegno organizzato da univa. Anche se è già uno dei primi partner commerciali nella UE per i varesini
La politica, con la recente vittoria elettorale dei liberali guidati dal leader Donald Tusk. Ma soprattutto l’economia in forte espansione, con un Pil che, secondo i dati di Eurostat, è cresciuto del 7,14% nel 2006 e che a fine 2007, secondo le previsioni, metterà a segno un +4,44%, un ritmo quattro volte superiore a quello italiano. E con l’Unione Europea pronta a investire nel Paese, da qui al 2013, fondi per un totale di 67,8 miliardi di euro. In Polonia le imprese vivono momenti di grande cambiamento. Una transizione che apre numerose possibilità alle realtà produttive italiane, non ultime quelle varesine. È di questo che si è parlato al convegno organizzato questa mattina a Gallarate dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, che da tempo guarda al mercato polacco con un occhio di riguardo.
«La nostra organizzazione – ha infatti spiegato durante l’apertura dei lavori il Presidente dell’Unione Industriali, Michele Graglia – da tempo dedica un’attenzione particolare a questo Paese, tanto che in occasione dell’ingresso della Polonia nella Ue, il 1° maggio del 2004, abbiamo inaugurato Club Polonia, un’iniziativa che ha lo scopo di fornire un supporto operativo alle piccole e medie imprese che operano o intendono operare su questo mercato e, contemporaneamente, far conoscere ai potenziali partner polacchi le opportunità e le eccellenze che il nostro sistema produttivo locale è in grado di offrire, al fine di individuare possibili forme di collaborazione produttiva e di scamb»”. E i primi risultati, ha assicurato Graglia, “li abbiamo visti”.
A crearli sarà soprattutto la politica regionale di Bruxelles, di cui
Per riuscirci occorrono, però, due condizioni: «Essere coraggiosi nella strategia e prudenti nella realizzazion»”. A dirlo è stato uno che di mercato polacco se ne intende: Paolo Baldini direttore di New Europe Desk, la struttura della Bank Pekao S. A., del gruppo Unicredit, che si occupa di supportare a 360 gradi le aziende italiane decise a insediarsi commercialmente e geograficamente in Polonia. «Un Paese – ha continuato Baldini nel suo intervento – dove esiste un’imposta fissa sulle società pari al 19% e dove una ventina di zone industriali offrono vantaggi fiscali fino al 2015».
Tra queste, una delle più promettenti è quella della Bassa Slesia, regione polacca con 3 milioni di abitanti, il 65% della popolazione in età lavorativa e un tasso di disoccupazione del 19%. Cifre snocciolate da Zbigniew Sebastian, presidente della Camera di Commercio dell’area e vice presidente della Camera di Commercio nazionale polacca: «Tra i pregi della Bassa Slesia – ha spiegato – c’è l’infrastruttura stradale, ferroviaria e fluviale assai sviluppata, la localizzazione strategica nel centro dell’Europa, la manodopera reperibile nella capitale Wroclaw e nei distretti confinanti, l’ottimo ambiente per gli affari, l’alta qualità della vita, le possibilità di collaborazione con i centri di ricerca e le università».
Vantaggi, però, che non devono illudere. Le opportunità non mancano, ma quello polacco non è un terreno vergine facilmente conquistabile. «Nell’approcciare questo Paese – ha messo in allerta gli imprenditori il Vicedirettore di Ice Polonia, Mauro De Tommasi – occorre tenere ben presente che il proprio posizionamento strategico deve essere ben studiato alla luce del fatto che il mercato è ormai da considerarsi maturo». Per uscire vincenti bisogna dunque fare i conti con una forte concorrenza da affrontare ben preparati.
In pratica, è stato il concetto espresso da Ewa Dolinska, Responsabile dell’Ufficio Economico del Consolato polacco a Milano, non si va in Polonia semplicemente per risparmiare sui costi di produzione. Anzi, «negli ultimi anni l’aumento dei salari lordi mensili fa del nostro un buon mercato di lavoro, ma non con costi bassissimi». Semmai i vantaggi sono altri. Prima di tutto: «La possibilità che offre il Paese di avere una testa di ponte dalla quale poter raggiungere facilmente, con i propri prodotti, le economie ex sovietiche, quelle scandinave e tedesca».
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