La tensione all’umano nella scultura di Franco Fossa

Al liceo artistico "Frattini" una piccola ma compatta antologica dello scultore

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Franco Fossa 4 di 6

È stata una buona scelta quella realizzata dai docenti proposti alle attività culturali del Liceo Artistico "Frattini" di Varese, nel proporre a tutta la Provincia, la cittadinanza e alla scuola stessa questa piccola ma compatta antologica sullo scultore Franco Fossa.

Non solo per le grandi doti plastiche che emergono anche da una superficiale visione e che in ogni caso lo collocano tra gli importanti scultori del secondo dopo guerra, ma anche per le forti implicazioni di natura etica e sociale che le opere trasmettono al visitatore.

In un momento così effimero dove sembrano smarrirsi anche i più semplici valori d’esistenza, proporre un autore così attento all’uomo e alla sua umanità è per davvero un gesto culturale e didattico di notevole spessore.

Franco Fossa appartiene a quel gruppo di artisti che per età (è nato nel ’24) cominciano ad emergere in campo artistico nel dopo-guerra. Come molti intellettuali di quegli anni la dimensione culturale che respirano è quella legata all’esistenzialismo e a quel bisogno di ricostruzione tipica del dopo-guerra. E’ un bisogno intellettuale che pur nelle difficoltà della comunicazione, delle relazioni tra persone, persegue la dimensione della soggettività e dei valori umani che sostanziano l’esistenza.

Nasce così una figurazione che colpisce per la sua forza espressiva e per la crudezza con la quale si mostra la realtà che ci sta attorno.

E Fossa ne è un maestro. Non solo perché le sue figure, gli spazi di relazione tra i personaggi che le caratterizzano o gli ambienti chiusi o aperti amplificano il desolante senso di solitudine e di abbandono che ci caratterizza, ma anche per via del fatto che i suoi lavori diventano delle icone della contemporaneità.

Naufrago e solitario, sommerso in uno sconcertante delirio, immerso nel suo grigio quotidiano che lo incalza frenetico, nella tensione a raggiungere situazioni o condizioni che non gli è dato conoscere, l’umano di Fossa si materializza in forme iconiche semplici in cui le fattezze delle figure lasciano ben intravedere le ben note tipologie del maschile e del femminile.

Il suo percorso si snoda attraverso la serie denominata "Figure", legni di natura gotica/espressionista realizzati negli anni ‘50, o alle successive "Bestie, per poi passare, attorno agli anni sessanta, al gruppo dei "Volti", metafora di un’umanità colta nel suo disarmante e sofferto passaggio nel tempo, e qui la mostra sia nella sede del Liceo sia nel successivo spazio del Museo Bertoni ne offre un’esauriente visione.

C’è in campo artistico un analogo con i volti e sono quelli pittorici eseguiti, sempre in quegli anni o appena prima, dall’inglese F: Bacon , ma in quei quadri la frantumazione, la disperante tensione esistenziale, il rivelamento sì da per sovrapposizioni o disintegrazioni cromatiche, qui, nei volti bronzei di Fossa, il preciso e secco taglio imposto dalla luce rianima le forme e le mostra in tutta la loro veridicità nella quotidiana lotta per l’esistenza.

E’ il momento più esistenziale e più crudo del percorso e finisce nella serie di lavori di cui "Deposito"(al Museo Bertoni) è il disarmante emblema. Non da tregua questa scultura, ti costringe a misurarti con essa, ti si pone davanti e dentro con quel suo forte e scarto di senso e per accettarne la condizione riflessiva che ti impone costruisce un mondo non a scala reale ma più miniaturizzato, più intimo, più misurabile nella sua visibilità.

Ecco un’ulteriore novità nella scultura del novecento, forma e spazio non si impongono più nella loro monoliticità assoluta ma ti costringono ad essere parte di quel mondo raffigurato. Novelli Gulliver osserviamo e apparteniamo a quella stessa situazione plastico –spaziale che visivamente ci coinvolge.

Nascono così gli "Ambienti" luoghi in cui la progettazione, scandita dai rapporti aurei, dalle calibrate relazioni spaziali, supera il senso di casualità dell’esistere ed è restituito nella garanzia progettuale fatta di una precisa misura. Così le disperanti solitudini cadenzate nel vuoto degli spazi nei lavori degli anni settanta/inizi ottanta si arricchiscono, nel loro organizzarsi nell’armonia classica, di un potenziale senso di speranza.

La scultura di Fossa misura così un possibile, crea un argine al vuoto e grazie alla ragione supera le precedenti deformazioni plastico-espressive e si traduce in elementi tridimensionali che attestano un profondo rispetto dell’uomo.

Non poteva che essere così il percorso attorno all’uomo; è la ragione la prima risposta alla desolazione, al vuoto, al senso di nulla e di solitudine che respiriamo nel mondo contemporaneo. E’ sempre la ragione che dagli anni ottanta apre gli Ambienti e li trasforma in elementi plastici che possiamo ben chiamare "Piani e Superfici".

In questi ultimi lavori la scatole cubiche abitate da luci e spazi ben determinati e da solitari personaggi, si svuotano del loro volume e focalizzano la loro visione sull’intero spazio della superfici. E’ così che tra l’orizzontalità e la verticalità delle forme l’uomo ritrova un suo spazio e torna ad essere il fulcro della scultura.

Attraverso la natura geometrica, la precisa definizione dei pieni e dei vuoti, le prospettive che si aprono, le estensione di superficie o l’indagine analitica posta in essere, questo ultimo percorso plastico si svuota della monoliticità della forma scultura e si apre a lavori in cui lo spazio di superficie e il vuoto che gli sta attorno, aprono e racchiudono le antiche radici della forma e, allo stesso tempo e in modo contemporaneo, mostrano una calibrata interpretazione e visione del reale.

Prosegue sino al 22 di dicembre la mostra sullo scultore F.Fossa presso lo spazio espositivo del Liceo Artistico Statale Frattini e presso l’attiguo museo Berton

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 06 Dicembre 2007
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