“Mai viste scene così”

Un paese, una strada, storie che si intrecciano dietro la tragedia di Baraggia

Una succursale insubrica di Baghdad, o forse dell’inferno. Questo deve essere stato l’aspetto di via Varese, lo stradone che attraversa come una lama d’asfalto la frazione Baraggia di Viggiù.  A poche ore dalla strage, praticamente ancora  a caldo, si mescolano lo sgomento e la rabbia per quanto accaduto. Un massacro: non c’è altra parola per descrivere quello che è successo. Un gruppo di persone rientra dalla festa paesana, lungo il marciapiede. Una grossa auto, una Opel Meriva, d’improvviso sbanda e travolge tutto e tutti come tanti birilli. Sangue, urla, corpi catapultati a metri di distanza. Una ragazzina appena quattordicenne resta a terra immota. In pochi minuti un telo pietoso la ricoprirà alla vista, la morte è ancora meno sopportabile quando spegne occhi così giovani.

Mentre alcuni testimoni hanno assistito, atterriti e impotenti, alla scena, accorrendo per prestare aiuto, nelle case e nei locali intorno nessuno ha sentito niente di particolare. Non hanno sentito niente gli inquilini del civico 74, proprio di fronte dall’altro lato della strada. Forse per i doppi vetri, forse per la tv accesa. Non hanno sentito niente al vicinissimo bar trattoria, dove Silvana Vece viene allertata dopo qualche minuto – deve correre lì, c’è una sua cugina, ferita, che grida di dolore e di shock in mezzo ai feriti. Lo fa, e vede una scena che dopo due ore si rispecchia ancora nei suoi occhi arrossati dalle lacrime. «Mia cugina era forse la meno grave» ci dice mentre nel suo bar gli uomini seguono Inter-Parma parlando a mezza voce del fattaccio. «Aveva "solo" una gamba rotta, parlava e gridava, ma confronto agli altri stava bene, Le ambulanze sono arrivate una dopo l’altra, ma ci è sembrato un’eternità prima che arrivassero, forse non avevano chiaro quanti fossero i feriti. Mai vista una scena così». A terra, sotto il telo, Alessia, quattordici anni. La piangevano alcuni ragazzi, suoi amici, che l’avevano praticamente vista morire. La giovane era imparentata con un cugino della barista – qui non si è mai del tutto sconosciuti.

In questa terra di storici contrabbandieri (non è un caso se sul posto siano arrivati per primi i finanzieri), di estese parentele, di immigrazione vecchia e nuova, dove risuonano accenti diversi, il sangue è caldo, anche se siamo a un tiro di schioppo dalla compassata Svizzera. E si fa bollente alla vista di quella scena tremenda, comune forse in Iraq dopo un attentato, non qui dove gli incidenti accadono, ma mai su questa scala. Andrea, che con la ragazza gestisce un altro bar all’angolo, dall’altra parte della strada, ha visto non l’impatto, ma le sue conseguenze. «Ho visto gente ferita a terra, sanguinante, sbalzata a lato del marciapiede, che era diventata viola in volto, mai visto scene così». La sua ragazza non vuol parlare, scuote la testa, ancora piena di ribrezzo per la scena cui ha assistito. Andrea, con l’amico Davide, ci riferisce che l’investitore è sparito dalla circolazione appena in tempo. C’era già chi lo stava cercando per farsi giustizia a modo suo – i carabinieri lo hanno portato via appena in tempo. 

Al civico 74, dove gli inquilini non vogliono farsi riconoscere, ad una coppia erano noti sia l’investitore che Alessia, la ragazzina rimasta uccisa. Lui, F., era, vent’anni fa, vicino di casa dell’uomo che al volante dell’auto ha falciato la comitiva di ritorno dalla festa di Sant’Antonio; sua moglie invece ha per collega di lavoro una familiare della sventurata Alessia, rimasta sull’asfalto per la sola colpa di essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. «Un ragazzo tranquillo, a posto, nulla da dire: lo ricordo così, quando ancora era scapolo. Poi io mi sono trasferito qui» ci dice dell’investitore F., pacato (non ha visto il peggio: è reintrato a casa dopo il fatto), mentre ci mostra le conseguenze di uno dei più recenti incidenti di questo trafficato stradone. Un ragazzo, facendo tutto da solo con la sua auto, gli era praticamente entrato nel portone, abbattendo i contatori del gas posti di fronte all’ingresso, che difatti ora sono nuovi di zecca. Nell’aiuola ci sono ancora dei pezzi lasciati dall’auto sfasciata. «Qui ne capitano di incidenti, e di frequente. C’è un traffico pesantissimo, ventiquattr’ore su ventiquattro». Neppure i doppi vetri e le finestre sempre chiuse lo silenziano del tutto, spiega. Auto che salgono sui marciapiedi ed entrano in casa, parentele e conoscenze: il mondo è davvero piccolo, visto da quassù. Troppo piccolo. Così piccolo che per un’automobile e una dozzina di persone non c’era più spazio sufficiente: o l’una o gli altri.

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Pubblicato il 21 Gennaio 2008
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