Una piccola Inghilterra a due passi da Malpensa

Una storia piena di bellezza e successi quella dell'equitazione nella brughiera. Campioni olimpionici, nobili cacciatori e il padre di Ribot e Nearco

Casorate Sempione: i luoghi (inserita in galleria)

Spesso non si conosce, nel bene e nel male, ciò che ci sta accanto. Lo si sfiora, lo si annusa, lo si immagina, ma rimane fuori dalla nostra vita. Annalina Molteni la brughiera prima l’ha sfiorata, poi l’ha annusata e immaginata, infine l’ha fatta entrare nella propria vita attraverso due romanzi: Falsa staffa” e “Il guado della Maltinta” (Edizioni Equitare). «Vengo da una famiglia equestre – racconta la scrittrice- e fin da piccola ho frequentato questo ambiente. Da adulta ho scelto la professione di veterinaria e ho continuato a viverla. Io la brughiera l’ho assorbita come una spugna e poi l’ho strizzata, trasponendola nei miei romanzi».
(sopra: la scuderia San Giorgio a Casorate Sempione)

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Molti dei presenti alla conversazione equestre nella biblioteca della scuderia La Capinera, iniziativa compresa nella manifestazione “Il cavallo, la brughiera“,  si sono riconosciuti leggendo la storia raccontata in “Falsa staffa”. Una storia che ha per protagonista una giovane veterinaria che viene catapultata nella misteriosa vicenda del purosangue Violet Valhalla. «Quel romanzo è ambientato nella scuderia San Giorgio di Casorate Sempione, anche se non lo dico esplicitamente. I personaggi seppur di fantasia, sono presi da quel mondo. C’è il paesaggio, nebbioso e affascinante, c’è il gergo del mondo dei cavalli, così particolare e democratico. Solo nelle scuderie infatti puoi vedere uno stalliere dar del tu a un marchese con la naturalezza di un famigliare, perché il punto di equilibrio tra loro è il cavallo. È un mondo trasversale che si presta a essere romanzato».

Quanto conoscono i casoratesi di quel mondo che pian piano sta scomparendo, ingoiato dalla modernità? «Penso poco, perché è un mondo a parte che viene vissuto come snob anche se snob non è. La stupidità spesso è una qualità socialmente trasversale» dice perentoria la Molteni.


Carlo Severgnini, Fm (field master) della Società milanese caccia a cavallo, la Brughiera e la storia dei suoi cavalli la conosce nei minimi particolari. Luoghi e nomi che rieccheggiano nelle mattine brumose e nelle corse interminabili per i territori che circondano l’aeroporto di Malpensa e il castello Visconti di Somma Lombardo, (Cascina Costa, Casorate Sempione, Vizzola Ticino, Vergiate, Besnate, Caidate). C’era persino un tempo in cui i cavalli venivano caricati sulle zattere per attraversare il fiume Ticino. «Qui a Casorate- spiega Severgnini – è sorta una “Little England”, grazie all’impulso dato negli anni ’30 dall’avvocato Emilio Badini con la costruzione di una serie di cottage, spartani e in perfetto stile inglese, dove i proprietari potevano tenere il proprio cavallo con sè nei giorni dedicati alle cacce». Tra i  presenti nella sala c’è ancora la figlia di Badini, Maria Ludovica, detta Totò, che nonostante le molte primavere sulle spalle monta ancora in caccia. In questa straordinaria storia non si puo’ non ricordare casa Reinach che, insieme alla scuderia San Giorgio dei Bocconi, ha costituito il primo nucleo dell’equitazione sul territorio.

Il cavallo nella brughiera significa anche corse, galoppo e quindi allevamenti. Federico Tesio, il piu’ grande e geniale allevatore di purosangue da corsa, colui che “inventò” Ribot e Nearco, aveva scelto il Lago Maggiore come quartier generale.  «Un terzo dell’equitazione italiana viveva e si allenava qui in brughiera perché qui si era all’avanguardia – conclude Severgnini – . Pensiamo al maestro Roman che preparò decine di allievi e fece vincere l’oro individuale e a squadre all’Italia. Alla Capinera nel ’69 arrivò Vittorio Orlandi, un uomo innovativo, il quarto cavaliere della squadra che comprendeva i fratelli D’Inzeo e Graziano Mancinelli. Vincevano in tutto il mondo».

C’è una corsa molto ambita e difficile, il Gran Premio Città di Merano (corsa mitica sui 5000 metri), che sta all’ippica come il Gran Premio di Montecarlo sta all’automobilismo, a cui possono partecipare sia fantini professionisti che gentleman rider, cioè amatori. Tra questi ultimi sono, però, ben pochi quelli che ce l’hanno fatta. Ebbene, tanto per non smentire la tradizione, due di questi vincitori sono proprio di Casorate Sempione: Andrea Donati, nel 1972, in sella a Whispin, e Massimo Caimi, nel 1988, su North Bay .

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Pubblicato il 22 Aprile 2008
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