“A Pechino? Proviamo a vincere”. Parola di Jiri Vlcek

Il canottiere di origine ceca vogherà sul quattro senza pesi leggeri, in lizza per una medaglia. «La mia Gavirate è la società perfetta»

È nato lontano, in Repubblica Ceca, vive a Borgomanero dopo aver gareggiato per la Canottieri Orta, ma è il primo a riconoscere che se scenderà in acqua alle Olimpiadi tanta parte del merito è della Canottieri Gavirate.
Jiri "Jirka" Vlcek (pronuncia con l’accento sulla "e") è forse il volto meno noto della spedizione varesotta a Pechino, ma è anche una delle grandi speranze di medaglia per il canottaggio italiano. Schierato in prua al quattro senza pesi leggeri, Vlcek è sulla barca con tre grandi del remo azzurro: Catello Amarante, Salvatore Amitrano e Bruno Mascarenhas (nella foto in basso di M. Perna – www.canottaggio.org) che a Atene hanno conquistato il bronzo nella specialità.

Vlcek, per preparare Pechino siete saliti in altura, a Livigno. Come è andata la fase di avvicinamento ai Giochi?
«È stato un periodo davvero tosto: nei primi giorni mi mancava completamente il fiato, mi stancavo subito. Però mi sono allenato senza badare alla fatica: per il fisico è stata una bella botta, ma in Cina arriveranno i benefici».

A differenza dei suoi compagni di barca, lei è alla prima esperienza olimpica. Cosa si aspetta dall’atmosfera dei Giochi? E dalla gara?
«Voglio vivere le Olimpiadi senza farmi aspettative: preferisco godere le emozioni giorno dopo giorno, sentire sulla pelle quei princìpi che caratterizzano la manifestazione. Pace, fratellanza, divertimento. Anche se so che in Cina la realtà è un po’ diversa. Per quanto riguarda la parte agonistica, io non mi voglio nascondere: l’equipaggio è forte, migliore rispetto ai Mondiali 2007 quando restammo in testa fino ai 250 metri prima di rallentare e giungere terzi. Ora andiamo per provare a vincere, perché anch’io che sono il più giovane ho accumulato esperienza; certo, se finissimo sul podio sarei contento lo stesso ma si va per dare il massimo».

Lei e Mascarenhas siete nati all’estero, come molti altri azzurri. Come si sente nel rappresentare l’Italia?
«Se anche sono di origine ceca, io ora mi sento italiano. Anzi, sono italiano. Qui ho capito che potevo diventare un atleta di alto livello, qui ho trovato le persone e il supporto che hanno dato una svolta alla mia vita. Sono ben felice di rappresentare l’Italia e ho voluto con tutte le forze questo posto in barca: pensate che a 40 giorni dal Pechino il direttore tecnico ha voluto riprovare Bertini al mio posto. Potevo abbatermi moralmente, invece ho reagito bene e ho anche rilanciato il mio spirito».

La sua crescita sportiva e azzurra è coincisa con il tesseramento a Gavirate. Cosa ha trovato di speciale in rossoblù?
«Gavirate era la società ideale che stavo cercando. Prima mi allenavo a Orta, ma nel frattempo continuavo a lavorare; il passaggio in rossoblù mi ha permesso di allenarmi a tempo pieno. Per giocarmi questa scommessa però avevo bisogno di trovare una struttura e un gruppo di tecnici all’altezza possibilmente vicino a casa. Tutto questo esiste a Gavirate, con in più la presenza di un allenatore come Giovanni Calabrese che mi ha insegnato tanto come atleta ma anche come uomo. Sono stati anni eccezionali e se, dopo Pechino, andrà in porto l’offerta che mi ha fatto la Polizia per andare nel suo gruppo sportivo, il mio giudizio e la mia riconoscenza verso questa società non cambieranno di certo». 

Speciale Olimpiadi

1- Elia Luini
2 – Manuela Zanchi

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Pubblicato il 31 Luglio 2008
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