La crisi del pronto soccorso, Bergamaschi: «Finirà entro un anno»

Centotrentotto dipendenti per 16 posti letto dedicati e sei studi e tre sale: questi i numeri del pronto soccorso varesino, un elefante spesso in affanno

Pronto soccorso, porta dell’Inferno? All’ospedale di Circolo di Varese, il reparto di emergenza è spesso una vera bolgia, lo scorso week end è stato solo l’ultimo esempio. I carichi di lavoro sono molto elevati, i tempi d’attesa, a volte, snervanti, così l’assistenza può diventare complicata.

Il reparto diretto dal dottor Francesco Perlasca è una sorta di ospedale nell’ospedale. Siamo in presenza, infatti, di un’unità fornita, oltre che delle unità tipiche, di un reparto con 16 posti letto dedicati che può anche ospitare una decina di pazienti in barella per quanti sono in attesa del trasferimento in reparto. Ci sono anche letti di terapia intensiva, tre ambulatori, tre aree di consulenza specialistica, una sala chirurgica per suture complesse, una sala shock e una sala isolamento.
In reparto lavorano 138 persone: 24 medici assunti oltre al primario e tre medici in rapporto di libera professione, 67 infermieri, 38 operatori socio sanitari, quattro ausiliari e 3 amministrativi.

Nonostante l’apparato così mastodontico, la permanenza in pronto soccorso può riservare qualche problema: mensilmente arrivano circa 5400 pazienti. Di questi, la maggior parte sono codici "verdi", con patologie non gravi e solo lo 0,36% presenta sintomi gravissimi o gravi (7,38% codici gialli).
Nei primi quattro mesi di quest’anno, sono state 784 le persone che hanno avuto bisogno di un ricovero ma solo 335 sono state ricoverate subito nelle unità operative richieste,
321 sono restati nel reparto di pronto soccorso e 127 casi sono invece stati trasferiti in reparto dopo un’esperienza di pronto soccorso più lunga, anche oltre le 24 ore: « la scelta se trasferire in reparto o mantenere il paziente nei letti di degenza del PS spetta ai medici – spiega il direttore generale dell’azienda Walter Bergamaschi – in base alla valutazione della patologia: se c’è necessità di cure urgenti ma brevi, si decide di trattenere in PS». Accade, però, che questi 16 letti siano anche considerati uno sfogo quando non c’è disponibilità in reparto.

Questo è il punto debole del sistema. C’è chi dice che un PS così complesso porti via professionalità da utilizzare in reparto per aprire nuovi posti letto e chi sostiene che ci siano ostacoli da parte dei reparti, più interessati a trattare i casi in lista d’attesa:
«Storicamente, questo pronto soccorso ha sviluppato una propria autonomia anche per sopperire alle difficoltà oggettive di ricovero che opponevano i reparti – commenta il dottor Bergamaschi – Oggi siamo in presenza di una grossa struttura che lamenta ancora una difficoltà di dialogo con i reparti di degenza. Ecco perchè, nel nuovo piano organizzativo aziendale, abbiamo creato il dipartimento dell’emergenza urgenza dove si inseriscono in modo funzionale tutti i reparti medici e chirurgici coinvolti nel trattamento dei pazienti urgenti. Con un confronto costante, spero, in un anno, di avviare percorsi più lineari e veloci di ricovero in corsia anche con una maggior responsabilizzazione del personale del reparto a cui il malato è assegnato».

Lei parla di una realtà che dovrebbe essere scontata, ma che si scontra con una carenza di posti letto fisiologica in questo ospedale. In alcuni piani, specialmente nei reparti universitari, sono state utilizzate alcune stanze inizialmente pensate per la degenza, come studi medici o aule per la didattica, con una perdita di disponibilità:
«A settembre apriremo tutti i posti letto possibili, anche se alcune scelte prese in fase realizzativa escludono che le stanze oggi occupate da studi medici o sale riunioni o per la didattica siano utilizzatibili per l’assistenza. Io avrei optato, a suo tempo, per una scissione netta tra luoghi di degenza e spazi didattici, riservando alle esigenza dell’università il vecchio ospedale. Al di là di questa considerazione, comunque, un nostro problema sono i tempi di dimissione dei pazienti che sono al di sopra delle medie regionali: obiettivo del 2008 è quello di rientrare in quei parametri. Per poter far questo, però, dobbiamo migliorare l’interazione tra reparti e servizi in modo di migliorare, per esempio, la tempistica della diagnostica. Inoltre abbiamo intenzione di aumentare i letti di sollievo, aprendone alcuni all’interno del Circolo così che , oltre ai pazienti curati ma che non possono essere mandati a casa per motivi sociali, si possa anche trasferire pazienti che hanno bisogno di assistenza di minor entità»

E dove pensate di aprire questi letti?
«Un’ipotesi potrebbe essere la Santa Maria che non ha bisogno di grandi lavori e avrebbe già i requisiti per ottenere questo tipo di accreditamento. Velocemente, quindi, si potrebbe pensare ad una gara per trovare un privato interessato»

Il PS è considerato una spina nel fianco dell’assistenza varesina. Le tante soluzioni prospettate, gli annunci effettuati non hanno modificato la situazione. Lei è fiducioso che ci possa essere un vero cambiamento?
«Le difficoltà del pronto soccorso sono dovute a tanti fattori che a volte si sommano fra loro. Stiamo cercando di affrontarli ad uno ad uno con dialogo e perseveranza e tutte le soluzioni individuate mirano ad abbattere i tempi di presa in carico da parte dei reparti dei pazienti che hanno bisogno di un ricovero . Momenti di picco ci saranno sempre ma dovranno essere contenuti sia nei tempi sia nella quantità. Voglio, comunque, sottolineare che in PS i pazienti sono controllati e monitorati costantemente e ricevono cure tempestive ed adeguate».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 16 Luglio 2008
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