Anche il Piemonte strizza l’occhio alle case chiuse ticinesi
Si allarga il raggio chilometrico dei clienti italiani che vanno in Ticino per una notte di trasgressione. La privacy, minacciata da ordinanze e provvedimenti dei sindaci, prevale
Sempre più italiani varcano il confine per andare nelle case chiuse svizzere e, soprattutto, ticinesi. Fuori dall’Italia, legali, senza sindaci dalla foto facile. Così il fenomeno si allarga non solo al Varesotto e al Milanese ma anche al Piemonte e alla bassa Lombardia. Targhe di ogni dove sono visibili nei parcheggi dei vari locali a luci rosse e il ticino diventa la piccola Amsterdam delle vetrine e del quartiere a luci rosse. A differenza dell’Olanda, però, i posti della trasgressione in Ticino sono, spesso, nei piccoli centri come Cadenazzo, Pambio Noranco, Maroggia Pazzallo anche se sia Lugano che Bellinzona offrono alcuni locali dove è possibile incontrare prostitute "legali". Da qualche anno, infatti, la prostituzione in queste terre è possibile, si è scelta la via della regolarizzazione e dei controlli sanitari in modo da evitare la prostituzione per le strade.
Ultimamente, in Italia, la vita dei clienti sta diventando più difficile di quella delle prostitute stesse (tra ordinanze e sindaci fotografi) così la privacy diventa essenziale e si arriva a spendere anche 300 euro per una serata in compagnia di una donna che non sia la moglie o la fidanzata. Il vizietto, così duro a morire, si paga caro ma in sicurezza e lontano da occhi indiscreti. Il fenomeno ha smosso anche il quotidiano torinese "La Stampa" che ha dedicato ai postriboli oltre-confine un articolo dettagliato con tanto di costi, luoghi dove sono presenti i night club, rischi (per il portafoglio, ndr).
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