«In Italia panico e speculazioni più forti dei fatti»

Colloquio con Rossella Locatelli, ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari all'Insubria, esperta del settore bancario

La maggior parte di noi vede con un misto di panico e di impotenza l’altalena di dati forniti sulle borse internazionali a partire dai primi giorni della cosiddetta "Crisi dei Mutui".
Per capire di più e non restare preda di inutile panico o altrettanto inutili speranze abbiamo provato a fare il punto della situazione con Rossella Locatelli, gallaratese, fino a pochi giorni fa preside di Economia all’università dell’Insubria e attualmente Ordinario di Economia degli intermediari finanziari, cioè del settore colpito dalla crisi.

Può darci un’idea di questi ultimi giorni delle borse, che a noi profani sembrano bruttissimi e confusi?
«Diciamo che sono giorni in cui i nodi vengono al pettine. Un certo modo di fare banca, basato su attività di contenuto speculativo e di rischio, ha purtroppo dato in questi giorni le sue prove negative. Una prova che si associa anche al fatto, drammatico, che mercati e intermediari finanziari poggiano i loro destini non solo su dati oggettivi o informazioni, ma sulla fiducia. Almeno in parte infatti quello che si è visto e si sta vedendo nasce da crisi di fiducia: che ha come effetto i comportamenti di panico».

Questo per quanto riguarda la finanza in generale. Ma che succede invece alla Borsa Italiana? Subisce le stesse dinamiche degli altri mercati o sta soffrendo per qualcos’altro?
«La borsa italiana risente di tante cose, e certi spostamenti – come l’altalena delle prime ore di lunedì 6 del titolo Unicredit – hanno un aspetto chiaramente speculativo. Tant’è vero che occuparsi delle variazioni del solo titolo Unicredit per definire l’andamento dei titoli bancari italiani significa non badare che nel nostro listino sono state chiuse delle operazioni aperte in altri mercati e in altri listini, come a volte avviene. Un dato che normalmente chi guarda da fuori non considera: ma le persone che stanno facendo queste operazioni sono molto più informate di chi guarda».

Non è facile, da fuori, seguire gli andamenti delle borse…
«All’ingrosso, le borse funzionano su due binari: innanzitutto sulle informazioni, quelle vere. Nel caso delle banche, se non si fanno speculazioni, gli investitori semplicemente valutano il fatto oggettivo: per esempio quello che tante banche italiane sono in una situazione di maggiore tranquillità rispetto a Unicredit, che tipicamente ha operatività internazionale e dove la finanza internazionale è molto rilevante. Poi però si vedono degli andamenti irrazionali: e quelli sono effetto del panico e dell’emozione, il secondo binario».

Ma perchè si sente parlare tanto di Unicredit e non di Intesa san Paolo, che apparentemente ha stessa dimensione e simile vocazione all’internazionalità?
«Diciamo innanzitutto che Intesa Sanpaolo, ancorchè sia la seconda banca italiana e sia di dimensioni paragonabili a Unicredit, ha un modello di business più tradizionale: ne ha dato prova anche nei suoi processi di aggregazione e espansione. Diciamo che ha uno stile molto "Banca Commerciale" (che è uno storico istituto, tra quelli incorporati nella nuova sigla, ndr) che è sempre stato nei suoi investimenti più improntato sul risparmio che sulla speculazione, e anche quando ha internazionalizzato si è preoccupata più di finanziare l’attività produttiva all’estero che a lavorare sulla finanza internazionale. Il modello di Unicredit è invece molto più aggressivo, cerca di massimizzare il rischio sopportabile per farlo rendere il più possibile».

In ogni caso spazziamo via un panico inutile: per gli italiani il problema o le incertezze non stanno, in questi giorni, nei loro mutui, quanto piuttosto nei loro investimenti…
«Sì. Il mercato dei mutui in Italia è cosa ben diversa dal mercato dei mutui che ha fatto partire la crisi finanziaria internazionale. E comunque se problema c’è nei nostri mutui, non è certo lo stesso.
Il problema quindi riguarda gli investimenti ed è di due tipi diversi: da un lato  riguarda se e in che misura gli intermediari (quindi le banche e i fondi d’investimento) possiedono nel loro portafoglio i derivati che hanno creato lo scompiglio. Dall’altro bisogna capire se banche, istituzioni e fondi di investimento hanno in portafoglio i titoli delle banche che sono "saltate". E da quest’ultimo dato è più probabile che parta il contagio della negatività: le azioni di molte banche tra quelle "saltate" erano considerate buoni titoli, e perciò comprate e mantenute come sicure. Per capire quanto l’Italia sia coinvolta nella crisi non c’è altro da fare che analizzare quanto e quali di questi titoli siano in possesso degli intermediari italiani, una analisi che è già in corso. Gli organi di Vigilanza si sono già attivati alle prime avvisaglie, 15 giorni fa: ora è in pieno svolgimento l’analisi dei titoli, che la Consob sta facendo per i fondi comuni e il Coip per fondi pensione. La dimensione delle esposizioni in Italia si saprà con i risultati dell’analisi, che penso arriverà a brevissimo».

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Pubblicato il 06 Ottobre 2008
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