Insieme al marito salvò molti ebrei. L’ultimo saluto a nonna Lidia

Lidia Caleffi aveva 98 anni ed era originaria di Mirandola. La sua storia è rimasta sconosciuta per lungo tempo. Oggi è considerata la «Schindler» della Bassa padana

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Lidia Caleffi è morta e a  98 anni la morte non ti coglie di sorpresa, soprattutto se la vita che hai vissuto è stata speciale. E quella di «nonna Lidia» (così la chiamavano i suoi cari)  lo era stata. Viveva da circa vent’anni ad Avigno a Varese, proteggendo un segreto che per oltre mezzo secolo aveva condiviso con il marito, Silvio Borghi, morto qualche anno fa. (nella foto Lidia Caleffi davanti alla casa di Mortizzuolo in provincia di Modena dove ospitò alcune famiglie di ebrei in fuga dalla persecuzione nazista)

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Originari di Mirandola in provincia di Modena, Lidia e Silvio durante l’occupazione nazifascista salvarono molti ebrei, prima ospitandoli in casa e poi accompagnandoli in Svizzera. Guido Borghi, infatti, partiva da Mirandola con al seguito intere famiglie ebree e le portava prima a Cernobbio, in provincia di Como, e poi oltreconfine, grazie a una rete di amicizie che risaliva ai tempi del servizio militare. A documentare questa storia straordinaria ci sono molte lettere e cartoline che i «salvati» hanno continuato a spedire ai loro salvatori anche dopo la fine della guerra.
La storia di Lidia e Silvio è stata scoperta recentemente dal Comune di Mirandola che ha tributato ai coniugi Borghi gli onori che si riservano solo ai cittadini illustri.
“Il resto del Carlino” domenica titolava così: «Scomparsa la Schindler che salvò gli ebrei della Bassa».

Da Mirandola a Cernobbio. “Così salvavo gli ebrei”

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 06 Ottobre 2008
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