Occupazione finita al Candiani ma la mobilitazione resta

I rappresentanti di istituto definiscono positiva l'esperienza e annunciano altre manifestazioni di dissenso se la riforma non verrà fermata. La protesta si allarga anche ad altre scuole

Fuori gli striscioni ci sono ancora, inumiditi e appesantiti dalla pioggia notturna, nel cortile interno c’è aria di smobilitazione e ragazzi assonnati dopo la nottata a scuola, si danno da fare per rimettere tutto a posto. E’ stata una occupazione soft ma ricca di contenuti quella conclusasi oggi, venerdì 24 ottobre, al liceo artistico Candiani, nella sede di piazza Trento e Trieste. Iniziata ieri mattina è durata solo un giorno e mezzo ma è servita a smuovere le acque e a far prendere coscienza agli studenti dei contenuti della cosiddetta "riforma Gelmini".

Sono stati oltre 200 i ragazzi che hanno partecipato alle assemblee sulla riforma tenutesi durante la giornata di ieri e in serata in molti sono rimasti ad ascoltare le parole del premier Berlusconi sull’uso della Polizia per sgomberare le scuole occupate. Giacomo Rossi, Alessandro Luoni e Andrea Grossi sono stati protagonisti e i motori della protesta, svoltasi pacificamente e senza danni:«Il nostro principale obiettivo era fare informazione sulla riforma – dicono – quindi abbiamo fatto tutto di concerto con lo stesso preside Andrea Monteduro che non si è messo di traverso, anzi grazie alla collaborazione messa in campo abbiamo organizzato tutto in modo che chi avesse voluto fare lezione ha potuto farla tranquillamente. Su tre sedi noi abbiamo occupato solo questa che è anche quella più visibile».

Durante la giornata di ieri, inoltre, molti esponenti dei collettivi e i rappresentanti di istituto dell’Istituto alberghiero di Stresa hanno fatto visita agli studenti del Candiani: «Si, qualcosa si sta  muovendo anche nelle altre scuole di Busto – spiega Alessandro Luoni – se il governo prova a far passare la riforma così com’è scenderemo in piazza. In molti stanno aprendo gli occhi sui tagli indiscriminati che si vogliono fare». Gli studenti dell’artistico sono i primi a sentirsi minacciati per l’elevata quantità di strumenti di cui questo tipo di scuola deve avere: «Siamo i più esposti in questo momento – dice Giacomo Rossi – e non vogliamo pagare la crisi. Sulla scuola bisogna investire non tagliare e crediamo che chi verrà dopo di noi debba avere le nostre stesse possibilità».

In conclusione i rappresentanti di istituto sottolineano come gli studenti si siano comportati in maniera civile e ordinata, senza danneggiare la struttura: «Da questo si vede che non abbiamo occupato per perdere tempo ma per prendere in mano il nostro futuro».

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Ottobre 2008
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