Paolo Paliaga presenta ai nostri lettori “Near Gale”, il suo ultimo cd

Abbiamo intervistato il pianista varesino che presenterà, con "l'Alboran Trio", il suo ultimo progetto musicale martedì 21, alle 21, alla Sala Napoleonica di Ville Ponti, in occasione della serata organizzata da VareseNews

E’ recentissimo, prende il nome di “Near Gale” ed è il sesto disco di Paolo Paliaga. Il pianista varesino si ripresenta al panomara musicale con un progetto fresco e articolato, frutto di una ricerca nei ritmi della musica africana miscelati alle sonorità europee. Un disco che nasce dal forte legame con gli artisti Dino Contenti, contrabbassista e Gigi Biolcati percussionista e batterista, e che conferma il sodalizio artistico dell’”Alboran trio”, formazione che due anni fa ci presentava il disco d’esordio “Meltemi”.

Una formazione, quella del trio, che arriva per Paolo Paliaga dopo una carriera artistica ricca di esperienze e di palcoscenici. La musica è ,come lui stesso ci dice, “ un pezzo importante dello stare al mondo, di cui non poter fare a meno” e una passione che lo ha portato a girare l’europa con progetti sempre nuovi, ricchi di ricerca, di nuove sonorità ed esperienze artistiche. E’ lui stesso a raccontarci il nuovo disco e di se. L’occasione per riascoltare Paolo Paliaga invece è quella di martedì 21 ottobre, alla sala napoleonica di Ville ponti dove l’artista e il suo trio accompagneranno la serata “Il Paese dei lettori”, organizzata da VareseNews. 

Dopo Meltemi il disco del 2006, l’Alboran Trio incide Near Gale, cosa c’è in questo cd?

“C’è un lavoro di approfondimento, di ricerca del suono, di melodie, di interpretazione, creazione e un grande interplay tra noi musicisti. E’ la prima volta, nella mia carriera artistica, che incido un secondo album con la stessa formazione e questo perchè c’ è una grande collaborazione tra noi tre e “Near Gale” è una continuazione di “Meltemi”, rappresenta la voglia di confermare l’affinità e l’affiatamento che unisce l’”Alboran Trio”.

Il sodalizio artistico con Dino Contenti e Gigi Biolcati nasce nel 2004, formazione che prende il nome di “Alboran” dal mare del bacino occidentale del mediterraneo. Perchè la scelta di questo nome?

“L’ Alboran è quel mare che congiunge il continente africano e quello europeo, un luogo di incontro e mescolanza. Il trio ha la pretesa di recuperare la matrice africana del ritmo e unirla alle sonorità del jazz europeo. Aprire una strada al jazz che non ricalchi quello nord americano e le etichette tradizionali ma che abbia un riferimento alla tradizione melodica europea. E’ questo su cui insistiamo. ”

Dell’ “Alboran Trio” scrive “Ho l’impressione che questo trio esprima una nuova filosofia del suonare insieme”. Cosa intende?Cosa chiede questo trio alla musica?

“Noi siamo collaborativi e non competitivi. Sono trent’anni che suono e non mi era mai successo di trovare musicisti con cui scoprire ogni giorno nuove idee e stimoli. La nostra specificità è che sul palcoscenico siamo in perfetta sintonia, c’è una grande aiuto tra noi e sempre la voglia di cercare un prodotto unico ed emozionante. E questo è quello che sente anche il pubblico quando viene a sentirci suonare. La musica per noi, per me è un pezzo importante dello stare al mondo, non puoi non farla.”

I suoi ultimi cd sono stati incisi da un’etichetta tedesca, la “Act”. Come lei, molti altri musicisti italiani di talento hanno avuto un buon riscontro all’estero ma meno in patria. Come spiega  questo fenomeno?

“E’ un problema di tipo culturale, l’Italia ha una tradizione musicale legata alla conzonetta e all’opera e nel momento in cui c’è stato un successo anche per il jazz gli artisti hanno proposto “free jazz” o generi sperimentali. Questo ha traumatizzato il pubblico non abituato a questo genere. Il jazz è vitale, va capito, ascoltato e la gente cerca cose più fruibili, esperienze semplici. In Italia poi si innesca poi un meccanismo di “famiglie”, o sei dentro o sei fuori e la gente è spinta a seguire l’ “evento” in quanto tale, non c’è la curiosità di ascoltare altro. All’estero non è così, ti ascoltano e ti invitano a suonare, investono su di te mentre in  Italia, nonostante ci siamo molti bei progetti musicali, è più difficile” 

La sua carriera artistica è fatta di molte esperienze ed incontri, tra quelle che ha vissuto quale le ha lasciato un contributo maggiore per la sua formazione musicale?

“Arrigo Cappelletti è colui che mi ha dato una visione integrale dell’artista, è colui che mi ha dato una visione della musica sotto l’aspetto della ricerca, dell’improvvisazione. Faccio poi molti incontri nell’ascoltare la musica, colgo quello che sento e trovo nuove ispirazioni.”

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Ottobre 2008
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