Zappoli: “Il pestaggio di Anna non è bullismo”

Il comunicato del consigliere comunale Angelo Zappoli (Rifondazione) riguardo l'episiodio che ha visto coinvolto una ragazza di origine marocchina

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del consigliere comunale di Varese Angelo Zappoli (Rifondazione) riguardo l’episiodio che ha visto coinvolto una ragazza di origine marocchina.

Quanto accaduto ad Anna non può essere derubricato nella categoria del bullismo.
Anche omettendo come per bullismo si intenda la prevaricazione ad opera di chi, sentendosi “forte”, pretende dei comportamenti subordinati da parte di chi é ritenuto debole o “diverso, e già in questo troviamo tracce di un latente razzismo ad personam, comunque non possiamo sottacere il fatto che l’episodio scatenante, la pretesa di un posto a sedere su di un autobus, abbia tutte le caratteristiche di un atto razzistico, ossia la pretesa di un diritto di prelazione ad opera di un “italiano” o “italiana” nei confronti di una “straniera”.
Nessuno, italiano o italiana, accetterebbe che qualcuno pretendesse il suo posto su un mezzo pubblico, nessuno giustificherebbe questo comportamento come “ragazzata”, nessuno può fingere di non cogliere, nella definizione di diversità etnica, la spia di una “tentazione” razzista.
Il problema non é certo quello di scaricare su una ragazza o un ragazzo la responsabilità di quanto accaduto, isolando dal contesto sociale questo comportamento.
E’ necessario ribadire su chi ricada la responsabilità dei messaggi che quotidianamente si rovesciano sui “nostri” giovani e sulle famiglie, é necessario sottolineare come questi messaggi, su cui le attuali maggioranze politiche hanno costruito il loro consenso, non sono messaggi che hanno al centro il rispetto per gli altri, per le altre culture, per le differenze.
E’ necessario ribadire come la cultura della paura e del rifiuto non può che generare bullismo, nel migliore dei casi, e razzismo, nel peggiore.
Stiamo crescendo una generazione sempre più insicura ed incapace di confrontarsi all’interno di un mondo, globale e locale, in profondo ed inevitabile cambiamento, stiamo crescendo una generazione sempre più indotta a pensare che la forza, dei beni, del diritto alle possibilità, di una presunta identità superiore o semplicemente la forza della violenza, sia lo strumento per affermare sé stesso a discapito di altri.
La politica e l’informazione devono fermarsi a riflettere, devono interrogarsi sul come costruire un clima di rispetto e riconoscimento della cultura e dignità altrui e come valorizzare la propria in questo rapporto.
Se non faremo questo, aggredite ed aggressori, pur ognuna con le sue differenti responsabilità, saranno tutte vittime della incapacità della nostra società di fornire criteri e strumenti di crescita culturale e sociale e parlare di bullismo invece che di razzismo non basterà a tacitare le nostre coscienze.

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Pubblicato il 15 Ottobre 2008
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