Zoppo: «Nuovo stadio a Gallarate o a Busto, ora o mai più»
Il patron della Pro Patria scalpita cercando di incalzare la politica: cè gran fretta. "Mancano campi d'allenamento" per una squadra lanciata verso la B
Secco e sbrigativo, Giuseppe Zoppo, patron della Pro Patria, è di questi tempi un Uomo Molto Impegnato. Sì, con le maiuscole. Lo si capisce sentendolo per telefono – rovente, dice lui, «mi stanno chiamando un po’ tutti». Si può dire che sia appena arrivato, pare ieri la presentazione ai Molini Marzoli davanti a un pubblico che lo osservava, insieme al compagno di cordata Cerboni (recentemente fattosi da parte per serie ragioni di salute), cercando di intuire di che pasta fosse. E di che pasta sia l’hanno detto prima la ricostruzione e resurrezione della squadra, lanciatasi in una rincorsa a testa bassa del sogno della serie B, poi il sasso nello stagno: «Facciamoci lo stadio nuovo». Una squadra lanciatissima, a sorpresa: vince (a Cremona, è vero, ha perso, ma giocandosela fino in fondo), diverte, stupisce. Un po’ come la Lazio in serie A: e guardacaso anche lì si pensa a uno stadio nuovo, tutto per la società.
Qui a Busto però si è passati da una gestione da "provinciale" di gran nome decaduta a qualcosa di completamente nuovo, dinamico, aggressivo, spregiudicato. Stupirsene è il minimo. Intorno al nuovo patron c’è il terremoto, in apparenza, a ogni sua mossa: «Macchè» si schermisce, «più che altro delle gran chiacchiere». Per ora i fatti si vedono sul campo – quello che già c’è. Fosse solo uno stadio nuovo quello che Zoppo vuol fare: sarebbe una cittadella commerciale-sportiva, o giù di lì. Il punto è: dove? Si era detto in viale Gabardi, accanto al PalaYamamaY, e subito si è scatenata una ridda di discussioni, con la maggioranza da convincere, la minoranza ostile, il vicinissimo Comune di Castellanza in cerca di rassicurazioni almeno sulla viabilità.
Il sindaco di Gallarate Nicola Mucci che propone, quasi sottovoce e scusandosi, uno stadio sul suo territorio a due passi da Busto, giunge guardacaso a fagiolo per rilanciare. Zoppo ha fretta di concludere l’affare, e si vede. I tempi della politica invece sono lunghi, fra discussioni e decisioni ne passa, gli ricordiamo. «Problema loro, non nostro» replica asciutto. «Poi le carte le hanno viste, non dicano fesserie. Ci avevano indicato un’area nella quale si poteva pensare a realizzare la struttura». Dietro le maniere spicce, anche una necessità reclamata: «A noi servono dei campi su cui far giocare i nostri ragazzi. Parliamo di otto squadre che in pratica non hanno campi d’allenamento».
Ma arrivare e proporre d’amblée un nuovo stadio all’inglese, non sarà mirare troppo in alto? «Quando si fanno le cose, le si fa bene» risponde Zoppo. E ribadisce: «Il nostro desiderio è di rimanere a Busto Arsizio, perchè questa è la città della Pro Patria. Tuttavia se non avremo gli spazi necessari per fare sport, potremo anche portare altrove la squadra. Sia chiaro: lo dico senza animosità, non capisco perchè tutti se la prendano tanto». Forse perchè si è rotto un tabù. Il messaggio comunque è brutalmente chiaro. Lo stadio s’ha da fare, ora o mai più.
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