A processo per l’auto incendiata al sindaco. L’avvocato: “È estraneo ai fatti”

Parte in tribunale il processo con il rito del giudizio immediato a carico di Ignazio D'Albano. Il legale: "Nelle immagini della telecamera di sicurezza non c'era solo lui"

Non è stato Ignazio D’Albano ad incendiare l’auto del sindaco Gigi Farioli quel 19 ottobre in piazza Carlo Noè a Sacconago (qui il video con l’intervento dei pompieri), mentre si celebrava la messa di insediamento del nuovo parroco don Giulio Bernardoni. Questa almeno è la tesi del legale del D’Albano, Edoardo Polerà. Si è aperto oggi, lunedì 23 marzo, presso il tribunale di Busto Arsizio il processo con il rito del giudizio immediato, che non prevede l’udienza preliminare: l’accusa è di danneggiamento seguito da incendio. Di fronte al giudice monocratico Luisa Bovitutti è comparso l’imputato, già titolare del Lory’s Bar affacciato sulla piazza e davanti al quale aveva parcheggiato la sua BMW il primo cittadino. L’udienza è stata dedicata alle questioni preliminari, quali le richieste di ammissione di prove e testimoni. L’avvocato Polerà si è opposto all’acquisizione delle intercettazioni telefoniche sulle utenze di D’Albano e della moglie in quanto non ha ricevuto il relativo avviso di deposito, cosa che avrebbe leso i diritti della difesa. Tra le prove di cui è stata richiesta l’ammissione dalla pubblica accusa anche il filmato della telecamera di sicurezza che dà sulla piazza, nel quale compare il D’Albano, anche se non lo si vedrebbe materialmente dar fuoco all’auto. «I fatti non sono andati come li hanno raccontati i mezzi di comunicazione di massa» ha detto Polerà in aula. «Ho scelto il giudizio immediato proprio per dimostrare l’estraneità del mio assistito ai fatti contestatigli». Fra i documenti prodotti dalla difesa anche il contratto di cessione del bar e le licenze d’esercizio, tutto per dimostrare che il D’Albano non avebbe avuto alcun motivo di malanimo nei confronti dell’amministrazione comunale, come si ipotizzava all’epoca dell’arresto: «cui anzi lui e la consorte sono semmai grati per la casa popolare».

Inizialmente D’Albano aveva ammesso le sue responsabilità; in seguito ha fatto marcia indietro. Secondo l’avvocato Polerà le ammissioni sarebbero state fatte sotto la pressione della detenzione; il D’Albano è affetto da patologie che richiedono l’assunzione costante di farmaci che nei primi giorni di carcerazione non avrebbe avuto a disposizione. «In quei giorni inoltre era molto strano, appariva frastornato. Compariva nel video della telecamera di sicurezza? Certo, ma non era l’unico. Lui normalmente ha preso ed è uscito, come molte altre volte. Nelle immagini ci sono anche altre persone, fra cui vari stranieri». Si sarebbe dunque trattato di una confessione per uscire di cella, ma se questo era l’intendimento non è servito a granchè: di fatto l’uomo, pluripregiudicato, è rimasto in cella quasi tre mesi prima di essere scarcerato con il solo obbligo di firma – il suo legale presenterà istanza perchè anche questo sia revocato. Il giudice si è riservato la decisione sulla trascrizione delle intercettazioni e sul filmato, invitando la pubblica accusa a produrre prova dell’avvenuta comunicazione alla difesa relativa a questi elementi. La prossima udienza è stata fissata per il 29 giugno prossimo alle ore 9,30.

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Pubblicato il 23 Marzo 2009
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