Il governo in prima linea per le europee

Fa discutere anche all'interno dell'esecutivo l'intenzione di Berlusconi di candidare i ministri capolista per le elezioni del 7 giugno

Il Presidente del Consiglio e il resto dei ministri capolista in tutte le circoscrizioni, ogni ministro candidato nella propria regione di provenienza per il Parlamento europeo. Questa l’intenzione del leader del Pdl: l’intero esecutivo in campo per la sfida elettorale del 7 giugno.

Un modo per trainare i voti di candidati meno conosciuti nelle liste in lizza al Parlamento Europeo e contrastare le liste degli altri partiti, non ultimo la Lega Nord che ha deciso di fare lo stesso candidando Bossi e i suoi ministri in tutte le circoscrizioni.

Essi non risulterebbero in ogni caso eletti in quanto la carica ricoperta non è compatibile con il mandato europeo, ma il risultato potrebbe comunque avere conseguenze politiche che non mancano di impensierire i membri del governo.

Del resto ogni scadenza elettorale, si sa, assume significati molto più vasti dell’organo istituzionale che va ad eleggere. Così è per le amministrative, che spesso rappresentano un voto di approvazione o di critica all’operato dell’esecutivo, e così è anche per le europee che diventano per i partiti una sorta di stop and go di verifica dello stato di tenuta delle alleanze, del consenso dei cittadini e di eventuali decisioni politiche in vista di cambiamenti degli equilibri ai vertici del governo.

Che in Italia questo significato “secondario” delle elezioni europee prevalga di frequente sul loro reale valore è un fatto che ormai non si tenta neanche tanto di nascondere. Lo sforzo dei partiti in vista di tale scadenza è utilizzato nella maggior misura tenendo ben presente le sue conseguenze sul piano politico nazionale.

Per questo ormai ad ogni elezione si assiste al balletto di esponenti di rilievo dei partiti nazionali che si candidano alle elezioni per fare ritorno a casa da Strasburgo non appena eletti. La legislazione italiana stabilisce infatti l’incompatibilità tra il mandato elettorale europeo e il mandato parlamentare nazionale così come con altre cariche elettive, ma a tale incompatibilità non corrisponde una effettiva incandidabilità.

C’era una proposta che avrebbe impedito questo meccanismo, era contenuta in una delle bozze di riforma del sistema elettorale europeo (quella del Partito Democratico) presentata in Parlamento lo scorso mese, essa prevedeva, oltre ad altre modifiche, il divieto di candidature multiple e ulteriori irrigidimenti delle norme sull’incompatibilità.

L’intesa raggiunta dagli schieramenti ha fatto però prevalere solo l’innalzamento della soglia di sbarramento al 4%.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 06 Marzo 2009
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