“La posta in palio è la sopravvivenza di un modello di sviluppo”

Crisi, un quadro a tinte fosche quello che emerge dalle relazioni degli intervenuti al convegno di Ceam sul futuro delle PMI. La struttura produttiva è solida e diffusa sul territorio, ma soffre acutamente, fra clienti che morosi per necessità e banche che negano finanziamenti

Un convegno ricco di contenuti "mediaticamente rilevanti", con ospiti del massimo rilievo come il ministro Tremonti e il collega Bossi "di spalla", ma soprattutto segno dei tempi. Si parla di futuro delle piccole e medie imprese (PMI), da oltre trent’anni la spina dorsale del sistema industriale italiano, grazie a Ceam, che dal 1991 raggruppa 25 PMI del settore meccanotessile, una "squadra" compatta e vocata alla scoperta dei mercati mondiali e della valorizzazione dei prodotti "made in Busto & dintorni". Si parla di futuro in un momento di crisi profonda da cui si fatica a intravedere la luce in fondo al tunnel, e non ce ne voglia Tremonti se non spandiamo l’ottimismo di prammatica: eppure se ne uscirà.

Con l’on. Giancarlo Giorgetti a moderare, ad aprire il convegno di stamane ai Molini Marzoli, con  è stato direttore di Ceam Sergio Colombo che ha introdotto i temi salienti. Con tipica iperbole, il sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli, vantando la presenza di cinque ministri solo nell’ultimo anno, ha esordito: «Oggi Busto è veramente capitale d’Italia». Il sindaco ha lodato il libro di Tremonti "La Paura e la speranza", osservando che «le sue iniziative stanno per essere copiate in Europa» e invitando a non farsi sopraffare dalla «retorica della crisi», che, citazione d’obbligo del Capo, «non è tragica».

Ancora per Ceam il presidente Ettore Guarneri ha messo sul piatto i numeri della crisi, che ha visto schizzare del 240% il ricorso alla cassa integrazione che coinvolge non meno di 13.500 lavoratori (dato senz’altro già superato con gli ultimi preoccupanti sviluppi). Guarneri ha richiamato l’attenzione sulla necessità di un supporto governativo all’esportazione delle PMI e sulla questione fondamentale del credito da parte delle banche, «già ostacolato dalle regole Basilea 2» e affossato dalla crisi. Per la Camera di Commercio il presidente Bruno Amoroso (foto a sin.), non certo un pessimista, traccia «un quadro sempre più fosco» per una situazione «difficilissima». Serve realismo, saper coglie gli elementi di positività, la «cultura del fare bene» che nel Varesotto – 61,8 partite Iva al chilometro quadro! – è forte e sopravviverà anche a questa tempesta. «La battaglia sarà lunga, la posta in palio è decisiva: la sopravvivenza del modello di sviluppo. Va messo nel cassetto ogni individualismo».

Per Federmacchine Paolo Banfi, presidente dei costruttori di macchinari tessili, ha fatto il quadro della crisi che sta colpendo un settore che rappresenta il 2,6% del Pil, quello della costruzione di macchine per l’industria. Il calo degli ordini tocca il 50%; i clienti, per un 70% all’estero – è questo il vero made in Italy che piace – dilazionano i pagamenti e si soffre. La richiesta è di almeno sospendere il pagamento dell’Irap, e di mettere un fondo governativo a copertura dei crediti del settore, al momento in buona parte inesigibili. Ma il vero punto dolente restano le banche e le restrizioni al credito: «Atteggiamento ingiusto, è punito proprio chi ha investito e rischiato in proprio». Un’analisi "di scuola" era quella del prof. Gioacchino Garofoli, ordinario di economia all’UnInsubria. Le PMI e i distretti come risposta italianissima alla crisi degli annI Settanta, ma vulnerabile proprio a strozzature sul lato dei finanziamenti. Parole severe dal professore sull’abuso dei contratti temporanei di lavoro da parte del sistema imprese, che minaccia di gettare alle ortiche professionalità ormai difficili da reperire e costruire: «Un lavoro prezioso viene sminuito pagandolo poco». Idem il trasferimento della produzione all’estero, che può rivelarsi esiziale per le medesime ragioni. Se la crisi è mondiale, urgono comunque risposte anche a livello locale.

Molto applaudito l’intervento del Presidente della Provincia di Varese Dario Galli che, come ha fatto Bossi in seguito, ha insistito sulla necessità di un forte federalismo fiscale. Galli attribuisce la crisi alla bolla americana dei subprime, e constata un’inversione «molto preoccupante» da una situazione di «disoccupazione virtuale» ad una di cassintegrazione di massa. Anche qui piovono critiche sulle banche e richieste di «segnali forti» per le aziende. Galli descrive gli ultimi trent’anni come un periodo in cui l’imprenditore è stato visto solo come un evasore: e sulle tasse sono applausi a scena aperta. Malpensa, punto dolente, vede Galli scagliarsi contro Alitalia («capiranno alla fine di aver fatto loro un errore») e caldeggiare la liberalizzazione dei voli. Sulle infrastrutture: «Malpensa collegata male? Ma se è messa meglio di Fiumicino. A Roma hanno dato degli incapaci ai lombardi, ma se ci lasciassero qualcosa dei 50 miliardi l’anno che gli diamo… Qui la Provincia campa con un bilancio da 100 milioni, quando l’imponibile regionale è di 17-18 miliardi e la provincia di Trento da sola a casa sua se ne tiene 4». Federalismo. Subito.

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Pubblicato il 07 Marzo 2009
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