Nel segno della passione, il BAFF premia il cinema di qualità

Interesse rinnovato per la manifestazione che ha visto trionfatore "Puccini e la fanciulla". Pupi Avati presidente di giuria e maestro di cerimonie sul palco del Sociale; sentito ringraziamento per l'impegno di tutti dal presidente del BAFF Gabriele Tosi

Busto Arsizio saluta il BA Film Festival con l’affetto e la stima che si deve a chi con modeste risorse e tanta passione rilancia ogni anno l’amore per l’arte cinematografica. La settima edizione si è chiusa al Teatro Sociale con la passerella per i flash dei fotografi e la serata finale che visto un Gabriele Tosi commosso prendere il microfono per dire tanti umili e sinceri grazie. Grazie ai volontari, agli sponsor, agli studenti di quella speranzosa fucina di futuri "cinematografari" che è l’Istituto Antonioni; alle istituzioni locali. Grazie a chi ha creduto e crede nel BAFF, anche a dispetto della crisi più nera e profonda che tutto soffoca, mettendoci del proprio, risorse, impegno, tempo, dedizione. Grazie, aggiungiamo, anche a Chiara, suo malgrado protagonista della storia narrata dalla regista Cinzia TH Torrini: quando il cinema è vero come la vita.
Con un viatico di questo tipo passano in secondo piano molte considerazioni. Si può mettere da un canto l’eterna difficoltà di fare un festival del cinema a Busto Arsizio, che non è certo Cannes; si può spazzare da un canto anche la magra con la pellicola di Easy Rider tagliata e rovinata, non per colpa degli organizzatori. Passi anche una pseudo-gaffe del sindaco Gigi Farioli («quel camaleontico uomo» come lo apostrofa la Donadoni), che gigioneggia ancora una volta annunciando compiaciuto la vittoria del film sbagliato; nè inficia la buona riuscita di un festival la formula forse rivedibile delle seate conclusive, con tanta carne al fuoco da lasciare poco tempo ai protagonisti, perchè il cinema è affare di cuore, parlarne richiede tempo e profondità. Non essendone veri esperti, ci asterremo dall’addentrarci in considerazioni che non ci competono, lasciando la parola agli addetti, citando solo qualche numero: 39 proiezioni, quasi 12.000 spettatori totali, per un terzo studenti, novanta ospiti.

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A presentare la serata del Sociale, pieno quasi in ordine di posti, Claudia Donadoni con la giovane attrice Alessia Di Giacomo. Fra i tanti ospiti e volti della serata, gli applausi più calorosi sono andati a Pupi Avati, eccellente presidente di giuria, a Carlo Lizzani, "collega" per la giuria del premio di sceneggiatura, a Catherine Spaak, giurata e signora di gran classe. La vittoria finale di "Puccini e la fanciulla" corona un centenario, quella della tragica vicenda umana narrata dal film, una storia di sentimenti e gelosie che segnò profondamente la vita del grande compositore: «un film sullo sguardo, non a caso il regista è anche pittore» dità Pupi Avati. Il premio è accolto dal regista Paolo Benvenuti con ironia sferzante verso chi frustra l’arte: «Sono geloso dei giovani registi che dicono che partiranno con venti copie: noi ne abbiamo in tutto tre. Tutte le case di produzione ci hanno sbattuto le porte in faccia. Dedico questo premio alle distribuzioni italiane». Sulla stessa lunghezza d’onda, prima, la battuta di Adriano Giannini, idolo delle spettatrici premiato come miglior attore per l’ottimo "La casa sulle nuvole": «Dopo questo premio posso dire che il film uscirà con quaranta copie…».
Sul palco Pupi Avati è il padrone di casa, la materia è la sua e la affronta con quel mix tutto bolognese di bonomia, ironia e finezza che lo contraddistingue. Ha parole di lode per il cinema giovane che il BAFF promuove e pubblicizza, perchè, dice, i registi giovani di oggi hanno un profondo amore e rispetto per il mezzo cinematografico, che forse mancava quarant’anni fa ai "giovani turchi" di allora impegnati a dissacrare tutto e tutti (lui stesso esordì con un horror "satanico": «svuotammo le sale dei cinema alla fine di quegli anni Sessanta…»). Sfilano registi e attori di un cinema "minore" ma molto vivace, si scoprono dei personaggi ora misurati e quasi sottovoce, ora estroversi e vistosi (la Giovanna Di Rauso di "Se chiudi gli occhi", migliore attrice protagonista), tornano vecchie conoscenze come Gianni Cavina, quarantennale "tuttofare" del cinema dei fratelli Avanti (con Pupi è il fratello e produttore Antonio). E la serata si chiudeva con la proiezione di "Gli amici del bar Magherita", godibilissima commedia di Avati ambientat  nella Bologna del 1954, in bilico fra nostalgia della gioventù lontana e quadretto di caratteri soto la lente d’ingrandimento.

Resta la felicità, forse il sollievo di Gabriele Tosi per quelle «cose strane» successe all’improvviso che hanno "salvato" il BAFF da un declino più volte annunciato e mai concretizzatosi. Peter Fonda che dice "yes" e vola all’altro capo del mondo con la sua Harley per far conoscere anche il suo cinema meno noto, volontari che si ripresentano, sponsor che danno fiducia e ossigeno a un festival tenuto in piedi da non professionisti ma "benedetto" dai più grandi fra i professionisti. Perchè forse davvero, come ha detto il sindaco Farioli con metafora felice, il cinema è dipingere le cose che si vedono, ma anche quelle che no.

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Pubblicato il 04 Aprile 2009
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