“Istigava la moglie a prostituirsi”. Pagherà i danni alla figlia

La donna si era costituita parte civile ma è morta a marzo. Il marito è stato condannato a 2 anni e a pagare 8mila euro di multa alla figlia di entrambi

Ha indotto la moglie a prostituirsi, ma il fratello e il cugino non hanno agito per provocare il suicidio della donna. E’ la verità che esce dal giudizio di primo grado di un processo con risvolti delicati, che aveva al centro una donna, Gabriella Messina, 49 anni, che però nel marzo scorso è stata trovata morta in una stanza di albergo a Ponte Tresa, dopo aver denunciato il marito e suoi parenti. Tra la denuncia e la morte, non c’è alcuna relazione.  La storia nasce in un contesto sociale estremamente difficile,  nel luinese, ed era iniziata con l’indagine a carico di Sergio Murgia e di due suoi parenti difesi dall’avvocato Fabio Rizza, un fratello e un cugino. In sostanza, la procura accusava l’uomo di sfruttamento della prostituzione nei confronti della moglie e i  due parenti di alcuni episodi intimidatori; in particolare in una occasione, dopo una denuncia ai carabinieri, avevano agito per intimidire la donna e l’avrebbero anche fatta bere sapendo che aveva dei problemi  seri di alcolismo e che avrebbe potuto stare male fino a morire. Questa, almeno, era la tesi della procura, tanto che ai due parenti contestava l’induzione al suicidio, con una richiesta di pena di 8 anni e mezzo. La richiesta per Sergio Murgia era invece 7 anni e mezzo, ma il collegio del tribunale di Varese presieduto da Orazio Muscato ha optato per una pena pari a due anni, limitatamente a uno solo dei capi di accusa, maturato tra il marzo 2007 e il maggio 2008, concedendo le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. Dovrà anche sottostare alla interdizione ai pubblici uffici e al divieto di curatela per due anni successivi al fine pena. Tuttavia, i giudici hanno sancito un risarcimento alla parte civile per 8mila euro da parte del marito e di 500 euro da parte del fratello. Quest’ultimo è stato condannato a 5 mesi di carcere per danneggiamenti perchè aveva colpito la porta di casa della cognata con un colpo di ascia. I soldi alla parte civile andranno agli eredi della donna:  una bambina di 5 anni, figlia dell’imputato e della parte civile rappresentata dall’avvocato Sergio Artoni, e un figlio nato da un precedente matrimonio di Gabriella Messina. Rimane solo un ultimo mistero: la donna è morta due giorni prima di testimoniare in aula,  in una stanza di albergo a Ponte Tresa, vicenda per cui è stata aperta una inchiesta autonoma da parte della procura delle repubblica.

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Pubblicato il 08 Maggio 2009
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