Attentato a Wojtyla, “Non è Agca la chiave per arrivare alla verità”

Il giudice Rosario Priore intervistato sull’attentato che nel 1981 rischiò di costare la vita al Pontefice

È tornato libero Alì Agca, l’attentatore del Papa Giovanni Paolo II. Nonostante la sua condanna e un lungo processo, restano ancora dubbi sul movente e sugli organizzatori di quell’attentato.
Quando ottenne la grazia, il giudice Priore (che seguì tutta l’istruttoria per l’attentato al Papa) tenne a dire che «la grazia è stato il provvedimento più saggio.
Non è Agca la chiave per arrivare alla verità. Non si rivelano i segreti di un attentato come quello a Giovanni Paolo II all’ultima ruota del carro, selezionato solo per la sua capacità tecnica di tiratore scelto, di killer». La grazia ad Agca subì un’accelerazione subito dopo la rivelazione del terzo segreto di Fatima. Priore lanciò l’ipotesi che proprio il proiettile che il Papa donò esattamente un anno dopo l’attentato, e che fu incastonato nel diadema della Madonna, potrebbe essere la prova del complotto. Quel proiettile, trovato sull’auto del Papa da un addetto alla sicurezza (che era seduto affianco al Pontefice, non appena questa era rientrata oltre l’arco delle campane) potrebbe essere la prova della presenza di un secondo killer, oltre Agca, in Piazza San Pietro.
Giudice Priore, si dice che il segreto di questo attentato risieda nel proiettile incastonato nel diadema della Madonna di Fatima. Si è riuscito ad appurare se è vero?
«A rigore, questo proiettile potrebbe dirci, se i segni su di esso sono diversi da quelli dei restanti proiettili, che le pistole sono state due. Molti vogliono che sulla piazza abbiano sparato due armi. Ritengo che gli esecutori siano stati individuati. Sono elementi dell’organizzazione dei Lupi Grigi, da alcuni ritenuta una specie di Gladio turca. (N.d.R. organizzazione di estrema destra turca, che si rifà ad antiche ideologie. Ritengono che i turchi siano un popolo eletto discendente da una lupa grigia proveniente dalla Siberia. Non ammettono sul loro territorio altri popoli. Negli anni trenta/quaranta, sono stati vicini al nazionalsocialismo). Però, dagli esecutori ad arrivare ai mandanti il passo è ancora lungo, forse».
Agca può sapere qualcosa che non ha ancora detto su quell’attentato?
«Agca conosce solo una minima parte dei fatti. Ha avuto percezione del complotto che sta dietro l’attentato, solo per quel poco che è filtrato da un’organizzazione che avrebbe dovuto essere a tenuta stagna. Con buona pace di tutti quelli che sostengono il contrario non è stato il gesto di un folle isolato. Tutto proviene da un’entità che sta sopra di lui: sia essa i Lupi Grigi o uno stato».
Le risulta che Agca fosse stato mandato dai Lupi Grigi in Libano per un addestramento e, se questo le risulta, c’era un collegamento con le varie organizzazioni di Gladio e la CIA?
«La CIA aveva un rapporto con i Lupi Grigi. Infatti ci sono delle prove in questo senso. Però l’addestramento di Agca poteva essere stato fatto anche nella stessa Turchia o quando lui si è recato in Iran. Erano molti i luoghi dove queste persone potevano addestrarsi».
Secondo lei c’è stato un accordo fra Agca e la CIA così che la responsabilità dell’attentato venisse addossata al KGB?
«No questo non risulta. Il fatto che Agca abbia battuto spesso la pista del KGB potrebbe essere dipeso da altre organizzazioni. All’inizio lui parlava di un’azione totalmente islamica. Lui è un buon musulmano e vedeva in Giovanni Paolo II un nuovo crociato, il nemico dell’Islam».
I Lupi grigi erano legati alla nostra massoneria?
(«Non è mai emerso nemmeno negli indizi. Se poi ci sono stati più passaggi può essere anche possibile, ma direttamente no. Lui era una persona famosissima per l’INTERPOL perché aveva ammazzato un grande giornalista ed era sotto osservazione perché aveva manifestato l’intenzione di uccidere il Papa».
In ultima analisi, la mente di questo attentato viene da Est o da Ovest?
(Priore) «Io ho ravvisato alcuni indizi che mi fanno pensare ad un qualcosa che si pone fra nord e sud. Abbandonerei i due tradizionali punti cardinali. Dovremmo cercare di capire quello che la giornalista Sterling ha sempre definito il buco nero nella vicenda di Agca: lui è stato a lungo in Iran ma non si è mai capito quale fosse stata la sua missione in Iran che era già sotto il regime di Khomeini».

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Pubblicato il 19 Gennaio 2010
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