Psichiatria, un contraddittorio ritorno al passato

La legge Basaglia, lo spreco di spazi in altri reparti e la situazione della specialità: 18 posti letto in 7 camere con piccolo servizio, un cortiletto per l’”aria”, una sola doccia utilizzabile

La nascita delle cure psichiatriche lontano dagli autentici angoscianti lager che erano i manicomi, è rievocata in questi giorni dalla Rai con una fiction. E oggi come allora riprendono le polemiche. La comunità civile e quella scientifica del tempo si divisero infatti   sull’opportunità della rivoluzionaria scelta culturale fatta dallo psichiatra veneziano Franco Basaglia, poi accolta dal Parlamento e calata nella legge 180, che sanciva appunto la chiusura dei manicomi, luoghi considerati il definitivo annientamento degli ammalati psichici.
Si era alla fine degli Anni ‘70, Basaglia aveva sviluppato gli studi di un medico inglese e, trasformando il manicomio di Trieste in un laboratorio , aveva dimostrato la validità delle sue teorie riuscendo così a convincere anche buona parte del mondo politico visto che la chiusura dei manicomi divenne legge.
Fu una riforma inizialmente attuata però all’italiana: le risorse finanziarie non erano adeguate, l’intero territorio nazionale non era preparato ad accogliere e curare in strutture   piccole ed “aperte” molti ammalati, fu un vero dramma per parecchie famiglie che non avevano spazi in casa e soldi per accogliere e gestire il famigliare dimesso d’autorità dall’istituto psichiatrico.
Ero cronista  della “Prealpina”, ricordo le tante telefonate o le visite in redazione di genitori  e parenti disperati perché si sentivano abbandonati dallo Stato e dalle istituzioni.
Da noi una rabbia e uno shock comprensibili anche perché Varese,  grazie al “Neuropsichiatrico“ di Bizzozero, realizzato negli Anni 30, era ancora all’altezza della sua fama internazionale conquistata per le sue struttura – riproducevano quelle di un villaggio, quindi ben lontane da tutto ciò che poteva richiamare una prigione – inoltre i pazienti avevano la possibilità di lavorare e soprattutto di essere curati con metodi avanzati da medici di notevole livello, cresciuti alla scuola del professor Fiamberti, al quale si dovevano i primati dell’ istituzione.
Con il tempo la legge Basaglia ha prodotto effetti positivi, la psichiatria sul territorio è una realtà efficiente, da noi la situazione è globalmente buona con una eccezione proprio nella nostra città e nell’ospedale di Circolo, che si fa carico anche di degenti psichiatrici, non si tratta di deficienze di carattere medico o di un servizio non bene offerto, ma di problemi strutturali se, come mi assicurano, gli spazi non sono quelli di un tempo, cioè d’avanguardia, vale a dire particolarmente in linea con le esigenze della specialità. 18 posti letto in 7 camere con piccolo servizio, un cortiletto per l’”aria”, due docce, una sola utilizzata.
Se si pensa allo sciupio di spazio dei reparti nuovi del monoblocco o di alcuni non più utilizzati del vecchio ospedale, si potrebbe pensare se non ai Miogni quanto meno a un contraddittorio ritorno, sia pure soft, al passato. Non è mancata la buona volontà per recuperare una situazione che era peggiore, ma occorre fare di più perché a Varese tradizione, cultura e strutture neuropsichiatriche sono state vanto nazionale.
E’ vero, come diceva Speri Della Chiesa, che un vivere provvisorio è meglio di un crepare definitivo, ma la provvisorietà al Circolo ha brutti e sconsolanti precedenti. Ricordo quanto accadeva parecchi anni fa nell’antica urologia dove per spazi e soprattutto bagni si era alla carestia: non a caso pazienti affetti da “bestiulitt” come i proteus vulgaris venivano poi a volte dimessi con i proteus mirabilis. Più resistenti alle cure e certamente più feroci degli altri, addirittura forse ispiratori del detto dialettale “Te ne accorgerai nel fare la pipì“.
Non siamo alla comunità del proteus nel repartino del nuovo neuropsichiatrico bosino, ma quando la città sorride al prossimo “cinque stelle” pediatrico dell’ospedale Del Ponte non posso non provare sconcerto per la retrocessione, deliberata a tavolino, di un microreparto erede di una maxistoria. Scientifica e di solidarietà umana.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 09 Febbraio 2010
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