“Dieci anni di calvario per sei ore di sballo”

La testimonianza davanti ai ragazzini delle scuole Majno-Cardano di Giorgia Benusiglio, 27enne milanese, che dieci anni fa dovette subire un trapianto di fegato per aver assunto una mezza pastiglietta di ecstasy

«Per sei ore di sballo ho subito dieci anni di calvario. Il trapianto del fegato, poi anni dentro e fuori dagli ospedali per esami, visite e cure, farmaci salvavita tutti i giorni. E cionoostante riesco ancora a condurre un’esistenza abbastanza normale». A parlare è Giorgia Benusiglio, 27enne milanese con una storia pesante da raccontare, che da dieci anni si porta dietro, fisicamente, e va a raccontare fra i ragazzi. Oggi era a Gallarate, al Teatro Condominio, in platea ragazzi di seconde e terze medie delle scuole Majno-Cardano.

Diciamolo subito e leviamoci il dente: fa rabbrividire che si debba spiegare a ragazzini di 12 e 13 anni quali pericoli nasconda la droga, e il contrasto fra i discorsi sugli effetti tremendi delle sostanze e i volti puliti di questi ragazzini fa venire la nausea. Ma è così e ci si deve rassegnare: i dati dicono che quasi l’80% degli adolescenti sperimenterà prima o poi qualche sostanza stupefacente. E come ricorderà con maturità sorprendente uno di questi giovanissimi, della questione droga si era occupata anche una trasmissione autorevole come AnnoZero (cui Giorgia era presente), con un filmato shock in cui adolescenti non più che sedicenni mostravano una conoscenza e una disinvoltura sull’uso delle droghe di sintesi da dare i brividi. Forse, appartenendo al quel 20-25% che non si è mai "calato", sniffato o fumato niente, chi scrive non fa testo. La storia di Giorgia, sul palco con il padre Mario e con la preside dell’istituto, parla da sè, ed è di monito a tutti.

Succede una sera in discoteca, passano pasticche fra amici, anche Giorgia "assume", sballa, come tutti, per qualche ora si diverte, euforica, su di giri, leggera. Poi, prima ancora di tornare a casa, diventa gialla come un limone. Già in ambulanza capiscono la gravità della situazione: è lei che non ha ben presente, non le sembra poi di essere a un passo dalla morte, ma è così. Epatite fulminante di origine tossicologica, e la ragazzina avrà il buonsenso di "confessare" a una giovane dottoressa cosa aveva preso. «Quando ho visto i miei genitori, i loro occhi, è stato il momento più duro, vedevo il terrore di perdermi, e una domanda: dove abbiamo sbagliato? Sono dieci anni che dico loro loro che in nulla hanno sbagliato, i giovani vivono in un contesto che va oltre la famiglia» e una corretta educazione non sempre basta a mettersi al riparo, occorre uno sforzo individuale.

A Niguarda Giorgia passa diciassette ore sotto i ferri per ricevere il fegato di Alessandra, che, morta in un incidente, le ridarà la vita. «Per me lei è una musa ispiratrice, è parte di me, siamo tutt’uno, non so come spiegarlo. Ho conosciuto i suoi genitori, sono perfino… gelosa di chi ha ricevuto il suo cuore». Ma il trapianto, fatto in fretta e furia salvando «per i capelli» la ragazza, non è riuscito perfettamente. La devono riaprire, altre cinque ore. Il fegato è più grande delle dimensioni ideali, opprime vena cava e polmoni, Giorgia resta un mese e mezzo in terapia intensiva, data per spacciata; può incontrare solo pochisisme persone bardate come per la guerra batteriologica, date le sue condizioni che la rendono inerme di fronte ai germi. E ancora oggi vive grazie ai farmaci antirigetto e ha meno globuli bianchi, quindi è più sensibile a ogni tipo di malattie infettive e non. I continui controlli le hanno salvato la vita una seconda volta quando un tumore maligno, altra conseguenza remota del suo stato di trapiantata, è stato identificato per tempo e vinto. «Alla fine riesco ad avere una vita anche normale, esco, vado al mare, in discoteca, studio, ma non augurerei al mio peggior nemico quello che ho passato, e le conseguenze che mi porterò addosso per tutta la vita». Su tutte queste esperienze Giorgia ha scritto anche un libro, ma non è qui per fare della pubblicità editoriale: piuttosto per fare cultura e prevenzione.

Sono stati descritti anche gli effetti fisici e mentali dell’ecstasy: se è vero che la maggioranza di coloro che la assumono non ne risente immediatamente come Giorgia (e come altri casi tragici finiti con la morte improvvisa dell’assuntore), i danni a lungo termine di un uso regolare sono devastanti, e sui pericoli per chi non conosce gli effetti individuali anche della singola pasticca non c’è bisogno di dire altro. Anche perchè queste droghe sintetiche, derivate dalle anfetamine, sono prodotte da criminali spesso in laboratori improvvisati, con l’aiuto di "chimici" senza scrupoli. Non si sa mai quali sostanze, in definitiva, possono contenere: le varianti sono innumerevoli. Un ulteriore elemento che induce alla massima prudenza. Ma per i ragazzi più giovani la vera sfida, dirà il padre di Giorgia, è resistere a un modello, all’introduzione della droga a partire dalla scuole, dove «spesso è il più figo della classe, quello che impenna col motorino, che tutti vogliono imitare, quello che porta la roba ai compagni». E di fronte alla «politica del più figo» perde ogni idea di liberalizzazione delle droghe leggere: che, naturalmente, per chi a vissuto un’esperienza del genere, non esistono. Nemmeno lo spinello, «perchè quello di oggi è da 27 a 40 volte più potente di decenni fa». Un’idea-forza che da qualche tempo si ripete nel tentativo di arginare un’altra spinta. Quella di chi ripudia la repressione e, rassegnato, si vota alla riduzione del danno.

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Pubblicato il 09 Marzo 2010
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