Il 28 febbraio mi è parso un giorno stonato
Tra aquile sulla Martica e corvi in picchiata dai Campigli, l'ordinaria domenica in un giorno di finta austerity
Mi ha intenerito la foto in memoria del gatto Ciccio proposta da un lettore alla grande comunità di Varesenews. Mi ha colpito, ma non intenerito, la spettacolare immagine dell’aquila in volo sui nostri monti dopo aver predato un piccolo cinghiale. I rapaci sono supertutelati e gli animalisti avranno pure le loro ragioni per far rispettare l’antidemocratico pianeta della fauna dove gli inermi pagano sempre, resta il fatto che da tempo a Masnago non godiamo più della compagnia di stormi di allegri uccellini: li hanno eliminati corvacci neri e gazze che calano con tetre picchiate dai Campigli e dal Montello.
La domenica senza auto mi ha dunque regalato il malinconico ricordo degli uccellini e il silenzio è continuato durante la passeggiata in centro. Ho rimpianto il tempo dei primi stop al traffico a causa degli shock petroliferi, quando la prospettiva di una grande carestia di benzina era vera minaccia e non motivo di speculazione da parte degli Alì Babà dei giacimenti e delle raffinerie. Furono domeniche sentite dalla gente che coglieva l’occasione per stare assieme, che spesso faceva delle città una famiglia.
Il 28 febbraio a me è parso un giorno stonato, un segnale di stanchezza davanti a una questione importantissima come la qualità della vita e le iniziative per la sua difesa. Lo stop alle auto è stato accettato nel segno dell’indifferenza.
Le previsioni meteo mi hanno indotto al pomeriggio in casa e non ho resistito alla poco intelligente tentazione di accendere la tv. Lo zapping lungo una decina di canali non mi ha fatto trovare
programmi di qualità: le solite risse su questioni canore, i signor nessuno a discutere di temi complessi, per non parlare dei riti del campionato di calcio dove gi arbitri questa volta hanno tolto a chi in precedenza avevano regalato, dove con ostinazione degna di miglior causa non si vuole utilizzare le tecnologie per eliminare dallo sport più popolare una quantità disastrosa di errori.
Pensando alle dittature piccole e grandi delle federazioni sportive mi sono detto che la malattia del potere è ancora più grave nelle istituzioni del nostro Paese: ci sarebbero più democrazia e più certezze se per qualsiasi attività pubblica che si fondi sul voto dei cittadini o su deleghe avute da chi è stato eletto non si andasse oltre i due mandati, dove cioè diventi regola senza sconti il principio della rotazione degli incarichi di vertice.
Anche la qualità della vita pubblica va tutelata. Oggi se in Italia organizzassimo domeniche a piedi contro l’inquinamento dello strapotere politico e amministrativo è probabile che avremmo trasversali e allegri incontri di intere comunità.
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