Bambini senza pasto: interviene un benefattore

Come accadde due anni fa a Busto quando un benefattore saldò il debito di cinque bambini esclusi dalle mense scolastiche di Busto, anche ad Adro è intervenuto un anonimo con una lettera molto toccante.

Due anni fa, l’amministrazione di Busto Arsizio fu messa sotto accusa dal consigliere Erica D’Adda, a causa di sei bambini rifiutati dal servizio mensa scolastica perché i genitori non pagavano da tempo. La vicenda si concluse allora grazie all’intervento di un lettore di Varesenews che, dopo aver letto la notizia, si presentò negli uffici comunali per saldare il conto e permettere ai piccoli di tornare a tavola con i compagni: «Un grande gesto» lo definì l’assessore ai servizi educativi di Busto Claudio Fantinati.
E quel gesto si è ripetuto ieri ad Adro, in provincia di Brescia, dove un imprenditore anonimo si è accollato l’intero debito dei 40 bimbi morosi, 10.000 euro per ritrovare la gioia del pasto tra amici.
La sua lettera è stata pubblicata dal Corriere che, come richiesto dall’imprenditore, non ha rivelato l’identità del benefattore. Questo il testo dell’articolo a firma Giangiacomo Schiavi:

«I miei compaesani si sono dimenticati in poco tempo da dove vengono», scrive. «Mi vergogno che proprio il mio paese sia paladino di questo spostare l’asticella dell’intolleranza di un passo all’anno: prima con la taglia sugli extracomunitari, poi con il rifiuto del sostegno regionale e adesso con la mensa dei bambini…».

E’ un messaggio contro l’indifferenza e per i rispetto dei diritti quello dell’imprenditore bresciano che al telefono ripete continuamente «niente nomi, non voglio ribalte, non cerco protagonismi». Noi il nome lo conosciamo, ma vogliamo essere leali con lui. Se avesse voluto farsi pubblicità avrebbe potuto convocare in piazza i 40 genitori morosi e saldare il debito al sindaco di Adro davanti a cineprese e fotocamere. Invece ha voluto rompere il muro del rigore che il sindaco leghista aveva alzato in difesa di un principio: «Se paghi mangi, se non lo fai digiuni», rievocando il suo passato e i suoi ricordi di bambino: «Quando facevo le elementari alcuni miei compagni avevano il sostegno del Patronato. Noi eravamo poveri, ma non ci siamo mai indignati per questo». C’è troppa aridità intorno a noi, spiega, è tempo di reagire. E premette: «Non sono comunista, alle ultime elezioni ho votato Formigoni». Ricorda da dove è venuto, la fatica che ha fatto per arrampicarsi sui rami della vita e conquistarsi un ruolo, un’attività che oggi lo fa vivere bene: «Sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignità. Ho vissuto i miei primi anni una cascina come quella del film L’albero degli zoccoli. Ho studiato e i miei amici sono di tutte le idee politiche: gli chiedo sempre e solo la condivisione dei valori fondamentali e al primo posto il rispetto della persona». Alla lettera ha dato un titolo ad effetto, meditato: «Io non ci sto». Il testo è un atto d’accusa che interroga tutti.
I compaesani: «Possibile che non capiscano quello che sta avvenendo»? I sacerdoti: «Sono forse disponibili a barattare la difesa del crocefisso con qualche etto di razzismo?». Ce n’è anche per Berlusconi: «Dov’è il segretario del partito che ho votato e che si vuole chiamare partito dell’amore? E dove sono i leader della Lega che si vuole candidare a guidare l’Italia? ». Manca la sinistra, che forse non c’è o non si vede, in Lombardia. Ma è evocata, come un convitato di pietra. Non è questo il suo campo? «So perfettamente che fra le 40 famiglie morose, alcune sono di furbetti che ne approfittano, ma di furbi ne conosco molti», scrive l’imprenditore. «Alcuni sono milionari e vogliono fare la morale ad altri. In questo caso, nel dubbio, sto con i primi. Agli extracomunitari chiedo il rispetto dei nostri costumi e delle nostre leggi, con fermezza ed educazione, cercando di essere il primo a rispettarle. Tirare in ballo i bambini, non è compreso nell’educazione. Sono certo che uno di quei bambini diventerà medico o imprenditore o infermiere e il suo rispetto vale la mia spesa: molti studieranno per riscattare la loro vita, mentre i nostri figli faranno le notti in discoteca a bearsi con i valori del grande fratello». Basta asciugare una lacrima per lasciare un segno nel tempo: l’imprenditore l’ha fatto, alla modica cifra di 10 mila euro. E adesso si chiede: bisognava arrivare a questo per far capire il valore della solidarietà?

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Pubblicato il 13 Aprile 2010
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