Accertamenti Tarsu, già “rastrellati” oltre 400mila euro
Ad un terzo del percorso di aggiornamento dei dati, l'assessore Crespi fa il punto. Delle richieste di chiarimenti, metà sono sfociate in riduzioni del dovuto. Ma c'è anche chi potrebbe vedersi arrivare dei rimborsi
Sugli accertamenti Tarsu l’amministrazione comunale fa il punto tramite l’assessore al bilancio Giovanni Paolo Crespi, che stamane ha incontrato la stampa presso il nuovo studio della web tv comunale, nella cui sezione on demand si potrà trovare il filmato registrato delle sue dichiarazioni.
Un intervento che appariva doveroso a Palazzo Gilardoni a seguito del clamore e del gran numero di richieste di chiarimenti da parte dei contribuenti interessati, nonchè delle critiche politiche. Siamo circa ad un terzo del "passaggio al pettine fine" degli immobili della città («dopo 15 anni era necessario chiarire e "pulire" i dati a disposizione», così Crespi), e fin qui sono circa tremila le cartelle già emesse. Le violazioni vanno da una banale omessa dichiarazione di un nuovo garage fino a mancate dichiarazioni assai consistenti, anche un paio di appartamenti equivalenti in metri quadri.
I meccanismi della tassa rifiuti si basano sul decreto legislativo 507/93 che la istituiva e ne disciplinava l’applicazione. In pratica, la Tarsu si calcola sui metri quadri dell’abitazione o dell’attività produttiva da cui ci si attende una produzione tot di rifiuti.
Che sulle entrate tributarie del Comune ci fosse qualcosa che non andava, e per cifre consistenti, era noto da tempo. Due anni fa l’allora assessore Alberto Cattaneo comunicava che c’erano due milioni di euro di Tarsu da recuperare: e due milioni è precisamente la cifra minima che Andreani e Assoservizi, le società appaltatrici del servizio di riscossione, si sono impegnate a consegnare al Comune, comunque andassero gli accertamenti. Spannometricamente, all’incirca la metà di questi è sfociato nella scoperta di qualche magagna.
Al momento sono stati effettivamente riscossi 416.676 euro al 30 aprile, frutto del pagamento di un 67% di 1716 avvisi, emessi mentre le richieste superano già gli 800mila euro: e siamo come detto a un terzo circa del percorso previsto. Quanto alle dichiarazioni infedeli, Crespi citava qualche numero. Il 75% di esse riguardava metrature superiori ai 12 mq di un comune garage; e il 50% superava la misura già consistente di 26 metri quadri. In soldoni, «il 50% degli avvisi di accertamento inviati supera i 311 euro», quindi cifra mediana di riferimento: si recuperano i tributi degli ultimi cinque anni, come da prescrizioni di legge. Particolare e complesso il caso delle attività produttive: in questo caso gli accertamenti si fanno caso per caso dopo aver contattato l’utente. L’apparente "privilegio" è legato alla verifica dell’utilizzo effettivo delle superfici interne ai capannoni, che può cambiare di anno in anno.
Ci si è lamentati di accertamenti che ricadevano sull’annata fiscale in corso, tecnicamente ancora da calcolare, ma per l’assessore ciò è stato fatto in realtà per quei cambiamenti registrati nell’ultimo anno che se fossero stati caricati sull’annata 2011, avrebbero determinato anche una richiesta di interessi a carico del cittadino.
«Gli importi sono suscettibili di riduzione purchè pagati entro i 60 giorni dall’emissione dell’avviso» ricorda l’assessore. Un eventuale contenzioso legale «ha costi anche per chi lo sostiene, e non è detto che abbia esito positivo» è l’avvertimento. Nondimeno, i bustocchi hanno costretto Palazzo Gilardoni a raddoppiare il personale negli uffici e quadruplicare le linee telefoniche dedicate a rispondere a quel 64% di "accertati" che hanno alzato la cornetta o si sono recati di persona a chiedere chiarimenti. Di quel 64%, circa il 55% (quindi in complesso circa un terzo di quanti hanno ricevuto le cartelle) ha avuto una revisione al ribasso della richiesta di pagamento: e non è un dato trascurabile. «Errori ci sono stati, soprattutto nella prima fase» ammette Crespi, «ma ove accertati sono stati sanati». Non erano tanto di misurazione (intercapedini, ecc.), ma per incompletezza di dati (anagrafe, banche dati utenze) per cui si contestavano annate in cui gli appartamenti erano sfitti e scollegati dai servizi. La misurazione degli immobili interessati, precisa inoltre, è stata fatta, «ripetutamente, anche su utenze non domestiche, ma in alcuni casi ci è stato posto il divieto dai proprietari. Gli incaricati delle società interveranno comunque gratuitamente, nessuno chiederà soldi». E laddove siano riscontrate e documentabili passate misurazioni errate da parte del Comune, i cittadini, precisa Crespi, vengono sgravati della sanzione accessoria al recupero delle somme dovute. Quanto infine al metodo usato per gli accertamenti, anch’esso oggetto di critica dall’opposizione, Crespi parla di «ragionevole certezza: procediamo con con metodo deduttivo, certo meglio che non il redditometro o gli studi di settore». A ciascuno il suo, insomma.
C’è però anche l’altra faccia della medaglia. Oltre a chi dovrà sborsare, c’è chi ha già sborsato più di quel che doveva, e nemmeno lo sapeva, sempre a causa di dati incompleti, non aggiornati o comunque errati, ma stavolta per eccesso. «L’eventuale rimborso dovrà essere chiesto dal contribuente» precisa l’assessore. «Ho chiesto però un’evidenziazione di questi casi, e comunicheremo noi al cittadino che ha diritto di fare richiesta». L’assessore Crespi fa presente che le dichiarazioni di «furbetti e sbadati» vanno a danno del contribuente onesto. Ad oggi, riferiva, circa 7500 bustocchi hanno subito l’accertamento e tutto è risultato in ordine. Loro, fortunati, non faranno notizia.
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