Casa Calcaterra, la Procura indaga sulla demolizione

L'azienda che sta compiendo l'intervento edilizio di via Roma prenderà posizione nei prossimi giorni con una lettera aperta. L'architetto Miano: "Comportamento scorretto soprattutto nei miei confronti"

Sulla vicenda dell’abbattimento della casa Calcaterra a Gallarate la Procura di Busto Arsizio, ricevuti gli atti inviati dal Comune di Gallarate, ha aperto un fascicolo indagando tre persone. Atto dovuto, alla luce della segnalazione ricevuta, nell’attesa di chiarire appieno i contorni della vicenda.
L’amministrazione comunale sostiene che non era previsto il completo abbattimento della struttura nell’ambito dell’intervento di rinnovo edilizio in via Roma; sarà ovviamente di altro avviso la ditta Bonicalzi Costruzioni, che sta curando i lavori. Da questa, in assenza dei responsabili per il periodo di ferie, si viene a sapere ufficiosamente che nei prossimi giorni sarà presa posizione con una lettera di risposta a quanto apparso sui quotidiani locali in merito alla vicenda, nell’intento, naturalmente, di esporre il punto di vista aziendale.
Un brutto pasticcio
, forse un equivoco, ma di dimensioni grottesche, quello di via Roma, che ha rinfocolato le già forti critiche di metodo e di merito sulla gestione dell’edilizia in città da parte di un’amministrazione che, peraltro, ha preso le distanze dall’accaduto, fino ad investirne la magistratura.
Come pure ha fatto l’architetto Piermichele Miano, tecnicamente il progettista del riassetto a scopo residenziale dell’area, centralissima e vicina al suo studio. L’architetto insiste di non aver mai voluto l’abbattimento della casa Calcaterra: tanto più paradossale ai suoi occhi risulta dunque il suo inserimento fra gli indagati, insieme all’ad della Bonicalzi e al responsabile della ditta che si è occupata materialmente della demolizione di quanto restava – la facciata – dell’immobile storico, di impianto ottocentesco.
Miano è un fiume in piena. «Sono coinvolto mio malgrado in questa vicenda. Seguivo l’intervento con un altro collega, collaboratore fisso della ditta: ma era lui ad avere il ruolo operativo. Con la Bonicalzi, subentrata qualche anno fa nell’intervento, io avevo un contratto di supervisione artistica, di codirezione dei lavori e il ruolo di responsabile per la sicurezza» precisa. «Ma la concessione edilizia di riferimento, la norma da rispettare, era e resta, sia chiaro, la n. 20/2007, quella di tre anni fa, e non prevedeva  la demolizione totale. Che poi loro fossero propensi a demolire tutto è vero, come è vero che io mi sono sempre opposto: tanto più da storico dell’architettura. Il collega aveva preparato un altro progetto, che non condividevo: su questo fu fatta un’autorizzazione paesistica, come da previsioni della legge regionale 12/2005. Che però è solo propedeutica ad ulteriori atti». Non autorizzerebbe ad agire, insomma. «E per la cronaca, non firmai». Il nodo da approfondire, dunque, sarebbe questo, almeno stando alla posizione di Miano. «Avevo tra l’altro già segnalato il rischio di un degrado irreversibile di quanto restava della villa, nelle condizioni vigenti fino a lunedì. E avevo anche informato di una lettera del Comune relativa all’intervento, preparata la scorsa settimana ma che è giunta dopo la demolizione. Domenica sono anadato via: il lunedì la casa è stata abbattuta, sono rientrato immediatamente e ho rinunciato all’incarico seduta stante. Ad oggi c’è un abuso edilizio» conclude «e sono imbestialito per la scorrettezza compiuta nei miei confronti non avvisandomi della demolizione. Non si può fare come meglio pare: andrò fino in fondo a questa vicenda».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Agosto 2010
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