“Quei lavoretti d’estate che mi hanno fatto diventare grande”
La storia di un lettore che con un pizzico d'amarcord torna ragazzino, a bottega, alle prese con pennelli, prime sigarette e bottiglie vuote. "Fatica felice, ho imparato a fare i lavoretti di casa"
Era l’estate dei Mondiali 90: il caldo non faceva per niente a pugni né coi miei 16 anni e neppure con le energie che avevo, certo più di oggi, che di anni ne ho 37.
Ma non era solo una questione di forza: era anche la voglia di affacciarsi alla vita, anche con lavori semplici ma che ti insegnano a cavartela.
Così mi svegliavo all’alba col fresco di luglio e di agosto, quando è un dramma aprire gli occhi ma poi sei contento di essere in piedi.
Pantaloni corti, maglietta bucata e via, fuori dal letto con uno spruzzo d’acqua in faccia.
La prima estate ho seguito alcuni imbianchini che nel piccolo paese dove ancora oggi abito avevano bisogno per rifare le persiane e le inferiate alle case dei milanesi. Lavoro duro, poche soste, le prime
sigarette e i bicchieri di bianco col panino al salame all’ombra di mezzogiorno, e la fetta di anguria alle quattro con le prime frasi in dialetto “come facevano i grandi”.
Ripeto: quando hai 16 anni tutto è più facile, ma le 50 mila lire che mi davano alla fine della settimana mi sembravano un tesoro.
L’anno successivo fu più leggero, ma solo all’apparenza. L’oste del paese mi chiese se avevo voglia di dargli una mano. Pensai alla cucina o a pulire i tavoli, invece mi trovai a fare la spola tra
la cantina e il bar, con casse d’acqua e di vino che a volte mi sembrava pesassero quanto gli scalini di sasso su le portavo.
La sera prendevo la cariola e portavo i vuoti alle campane raccogli vetro, lungo il tragitto spesso incontravo i primi amici già docciati che mi salutavano e mi davano appuntamento a dopo, quando la cucina chiudeva, il bar era carico e di me non c’era più bisogno.
Risultato: anche qui una bella soddisfazione portata dalla paghetta settimanale e da qualche strizzata d’occhio alle signore, che mi davano la mancia.
Fu un’estate magica, perché lì conobbi anche una mia fidanzatina.
Oggi a ripensarlo, sì mi girano un po’ le scatole. E’ vero, era lavoro nero ma era lavoro, anche un po’ di mestiere che oggi ancora mi è utile: ho imparato a cucinare e la mia casa l’ho dipinta io.
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