Contro lo stress da ufficio c’è Barbara col suo frutteto

Si chiama "Piccoli frutti Magir" il piccolo appezzamento dove gli impiegati si tolgono giacca e cravatta per affondare le mani nella terra e raccogliere frutti di bosco. Per molti è diventata una pratica per scaricare tensioni lavorative

C’è un posto a Sacconago dove ti mettono in mano un cestino e ti dicono: "Raccogli la tua frutta, con le tue mani, e vedrai che ti sentirai meglio". Funziona, dicono molti impiegati di banca, gente che sta tutto il giorno seduta dietro una scrivania nel suo ufficio e l’unico contatto con la natura lo ha quando versa un po’ d’acqua alla pianta grassa che tiene vicino al computer.

Succede, così, che dopo 8-9 ore davanti allo schermo, capi che stressano, colleghi che ti pugnalano alle spalle o, quando ti va bene, ti annoiano con discorsi sui propri figli si prenda la bicicletta e si raggiunga via Baden Powell, al confine della zona industriale di Sacconago dove c’è Barbara Anzini (foto in alto) con il suo frutteto e i suoi cestini, le sue conserve di frutti di bosco e il sorriso rilassato di chi, cinque anni fa, al lavoro non c’è più tornato perchè ha scelto di coltivare il suo frutteto: «La mia scelta è arrivata alla fine della maternità, quando la prospettiva era quella di tornare in ufficio a fare buste paga – racconta Barbara – da poco avevo preso questo pezzo di terra per sfogare la mia passione per l’agricoltura, alla fine è diventato il mio lavoro».

Sono una cinquantina i clienti fissi che almeno una volta alla settimana vengono qui alla "Piccoli frutti Magir" per raccogliere more, lamponi, mirtilli e portarli a casa con un sorriso: «All’inizio non credevo che potesse essere una pratica anti-stress – racconta ancora Barbara – poi ho cominciato a conoscere alcuni dei clienti che venivano più spesso e mi sono accorto che si trattava di impiegati di banca, gente che lavora negli uffici e quasi tutti vengono qui perchè ristabiliscono un minimo contatto con la natura, quella che dalle vetrate dei palazzi del centro non vedono più neanche in lontananza». Chi si porta a casa le confetture, chi il cestino di frutta mista e chi porta il suo cestino da bici per riempirlo di frutti di bosco.

In mezzo al silenzio della sera raccolgono, si sporcano le mani di terra, qualcuno si punge con le ortiche: sensazioni perse nel tempo, nelle memorie dell’infanzia, che riaffiorano e fanno sorridere anche il capoufficio più arrabbiato e isterico. Il tutto si consuma alle spalle dell’area industriale della produttivissima Busto, la città del fare con i suoi ritmi frenetici durante il giorno che rallentano solo quando il sole sparisce all’orizzonte. «La mia scelta è stata sicuramente controcorrente – conclude Barbara – certo, quello che guadagno non basta per mantenere la famiglia  e l’agricoltura è legata a troppi fattori imprevedibili ma è una buona integrazione al reddito di mio marito». Lo dice serenamente Barbara Anzini, senza troppi patemi, la stessa serenità che ritrova negli sguardi dei suoi clienti mentre con il loro cestino si allontanano in bicicletta, lungo i rettilinei della zona industriale nella sera che cala sull’ennesima giornata di lavoro.

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Pubblicato il 30 Settembre 2010
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