“Il vero federalista non ha bisogno di essere per la secessione”

Degli scenari del federalismo per l'Italia hanno discusso in un incontro pubblico quattro personaggi della politica locale e nazionale: Marco Reguzzoni, Daniele Marantelli, Giorgio La Malfa, Bruno Tabacci

Federalismo: va bene, ma come? A che condizioni? Con quali indirizzi e scopi? Se ne è discusso a Gallarate in sala Rimoldi alle Acli, davanti ad un pubblico assai folto, su iniziativa dell’Associazione Mazziniana Italiana (AMI) e del circolo culturale Giuseppe Garibaldi, presenti Giorgio La Malfa, Bruno Tabacci, Marco Reguzzoni e Daniele Marantelli.
Un discorso, quello sul federalismo, che si impone, come ricordava Angelo Bruno Protasoni per AMI: la serata è la prima tappa di una serie di incontri per preparare le celebrazioni del centocinquantenario dell’Unità d’Italia (2011).
Quale federalismo per evitare di imboccare strade sbagliate? La classe politica lascia a desiderare, le riforme arrancano, i centri di spesa si moltiplicano, le Regioni a volte (Malpensa docet) sembrano più lontane di Roma. Non è che con il federalismo fiscale le tensioni, invece di sciogliersi, esploderanno fino alla lacerazione del Paese? Inevitabile che il discorso scivolasse, e spesso, sui soldi: cherchez l’argent. Anche perchè trovarlo a sufficenza per dare corpo al federalismo proposto pare compito quantomai arduo.

– La Malfa: "dal governo mancata riduzione delle tasse"

Il discorso di Giorgio La Malfa è strettamente economico. L’economia nazionale sta a monte del discorso sul federalismo, sostiene. Il leader repubblicano si è distaccato da Berlusconi per la mancata risposta alla crisi del Paese. «Con l’euro serviva la moderazione salariale, sì: ma anche la riduzione della pressione fiscale». E questa non si è vista, a danno di aziende e lavoratori, a dispetto del suo essere un punto qualificante del programma di governo del centrodestra, come ricorda La Malfa. «Il federalismo fiscale ci costerà ancora di più» avverte. «Va cambiata la classe dirigente, soprattutto quella del Sud. Non condivido certi discorso contro la Lega, che ha una classe dirigente moderna, vedi Marco Reguzzoni».

– Marantelli: no al federalismo "a marcia indietro" di Tremonti

Daniele Marantelli va dritto al sodo. «Da vent’anni l’Italia non cresce e non fa riforme» sentenzia il deputato varesino del PD. «Togliendo l’ICI ai Comuni per fare un regalo ai ricchi si è tolta loro una fonte di autonomia fondamentale. Con il patto di stabilità, poi, si tolta la possibilità di fare investimenti proprio mentre esplodeva la crisi! Parliamo di qualcosa come 40 miliardi di euro, fermi. Capisco perchè a Pontida molti sindaci della Lega non abbiano voluto salire sul palco. Tremonti nel bilancio triennale ha tolto 8,5 miliardi agli enti locali lasciando in sostanza intatta la dimensione statale. Invece di colpire rendite e privilegi, ecco misure inique e che non hanno la copertura per un cambiamento in senso federalista». L’Italia ha bisogno del federalismo, ma il divario fra le sue parti cresce sempre più, rileva: e se non ci saranno risposte convincenti su tutta una serie di questioni, il deputato varesino annuncia che il PD dovrà votare contro.

– Marco Reguzzoni: "Il vero federalista non ha bisogno della secessione"

Il bustocco Reguzzoni, capogruppo leghista alla Camera, descrive il federalismo come un metodo liberale che applica la sussidiarietà, verticale, cioè tra enti, e orizzontale, come ripudio del dirigismo di Stato e apertura ai privati e alla società. Fra le necessità del momento, cita quella di «responsabilizzare i centri di spesa» come impellente. «Abbiamo messo mano al federalismo fiscale. Tu sei libero a casa tua, ma i conti te li paghi, non te li paga più lo Stato»: questa è la filosofia. «C’è una certa classe politica al Sud che vive di assistenzialismo e di un rapporto corrotto con gli elettori» ricorda facendo l’esempio delle false pensioni d’invalidità. Sul tema della spaccatura del paese, sostiene che «il vero federalista non ha bisogno di essere secessionista», purché ai vari enti siano dati i mezzi per affrontare le proprie competenze. «Anche la nostra volontà di decentrare i ministeri, o di portare la Consob a Milano, non è certo per spaccare, ma per valorizzare le realtà locali».

– Tabacci: "prima si decide un modello di autonomia, poi il fisco conseguente"

Bruno Tabacci, che aderisce ad Alleanza per l’Italia (il gruppo di Rutelli), vede un federalismo deve essere di tipo «europeo», e cita l’esempio della Germania, che in vent’anni ha superato il trauma della riunificazione e la sua "questione orientale", laddove l’Italia ha fallito nel risolvere quella meridionale in centocinquant’anni. Ritrovandosi, anzi, con quella settentrionale. Sulla secessione, taglia corto: è un’assurdità. Sarebbe rinunciare a una «massa critica» che in Europa ci fa contare qualcosa. «Un brutto esempio» fu nel 2001 la riforma del titolo V della Costituzione «a colpi di maggioranza» da parte del centrosinistra; ma l’articolo 118 preconizzava un Codice delle autonomie, un definire "chi fa che cosa": da lì si doveva poi originare un sistema fiscale, e non viceversa. «La Lega ha voluto mettere il suo stendardo, invece bisognava partire dalle funzioni». Traduzione: si è messo il carro davanti ai buoi. Ora, il federalismo demaniale «è un modo disordinato di procedere»: e i sette anni perchè il federalismo fiscale entri in vigore potrebbero trovare, alla fine, le finanze pubbliche ridotte allo stremo.

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Pubblicato il 18 Settembre 2010
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