Riforma Gelmini, il punto di vista di un professore associato

Le opinioni di Marco Cosentino, docente di farmacologia alla facoltà di Medicina dell'Insubria

Il ddl governativo di riforma dell’università (cd Gelmini-Tremonti) la prossima settimana andrà in aula alla Camera (http://parlamento.openpolis.it/singolo_atto/57660), mentre contro i suoi contenuti e più in generale in difesa dell’università e della ricerca da mesi si stanno mobilitando i Ricercatori della maggior parte delle Università italiane (http://www.rete29aprile.it/dati-su-rti-e-mobilitazione/dati-indisponibilita.html), adottando come prevalente forma di protesta l’indisponibilità alla didattica non obbligatoria per legge (http://ricercatori-unito.it/).

Ho già espresso opinioni alquanto critiche nei confronti di questo ddl, sottolineandone l’impianto complessivamente "vetero-baronale", che si manifesta prima di tutto nei seguenti aspetti:
* precarizzazione definitiva del ruolo base di ricercatore con chiara e inevitabile sottomissione al professore di turno;
* cariche accademiche accessibili ai soli ordinari;
* cancellazione del principio di rappresentanza delle componenti accademiche a tutti i livelli;
* potere totale al rettore e a un Consiglio di amministrazione tra i cui componenti esterni potranno facilmente trovar posto neopensionati ordinari "eccellenti", se non anche politici e funzionari di partito.
(cfr. http://aperinsubria.blogspot.com/2010/09/la-riforma-e-i-baroni.html)

In questa sede desidero però evidenziare come dall’eventuale approvazione del ddl, paradossalmente, non saranno i Ricercatori le figure maggiormente danneggiate, bensì i Professori associati!

Di fatto:
* la legge 1/2009 ci ha esclusi da qualsiasi commissione di concorso e il ddl Gelmini sancisce definitivamente questa "marginalizzazione";
* il ddl ci esclude inoltre dalla possibilità di assumere cariche accademiche, ad es. di direzione di dipartimento, presidenza di corsi, ecc. (che invece ad oggi sono tutte accessibili);
* l’azzeramento del principio di rappresentanza ci esclude dagli organi di governo (dei quali, peraltro, l’unico che "conterà" per davvero sarà il Consiglio di Amministrazione, composto da un ristretto numero di persone designate in gran parte all’esterno dell’Ateneo);
* il ddl esclude infine la possibilità di optare per il regime ex 230/2005, che ci consentirebbe di andare in pensione a 70 anni come gli Ordinari (l’età di pensionamento resterà di conseguenza a 68 anni, oppure, per i futuri Associati, a 65 come i Ricercatori – per gli Ordinari resterà invece a 70).

In sintesi, considerando oltre tutto che la fascia dei Ricercatori viene posta ad esaurimento, gli Associati diverranno a tutti gli effetti professori di "serie B", oltre i quali esisteranno solo precari (i cosiddetti Ricercatori a tempo determinato previsti dal ddl), peraltro necessariamente "subordinati" a pochi ordinari (nemmeno tutti, solo quelli che ricopriranno cariche accademiche).

A questo si aggiunga che gli eventuali futuri Associati ex ddl Gelmini-Tremonti verrebbero penalizzati anche dal punto di vista dello stipendio, dato che la contestuale abolizione (prevista dal ddl) di ricostruzione di carriera e conferma, insieme all’apparente innalzamento della retribuzione in ingresso però accompagnata dalla riduzione dell’entità della progressione, farebbe sì che gli scorrimenti da Ricercatore ad Associato avverrebbero di fatto a parità di stipendio con in più unicamente l’obbligo delle 120 ore di didattica. Per inciso, il danno verrebbe anche a noi in caso di (improbabile, vista l’esiguità dei fondi disponibili) passaggio a "miglior fascia", che avverrebbe senza ricostruzione di carriera.

Purtroppo gli Ordinari non sono altrettanto danneggiati dalle previsioni del ddl, che anzi lasciano nelle loro mani (nelle mani di pochi, peraltro, ma ancora a molti la questione non è evidente…) le cariche accademiche e di conseguenza il governo degli Atenei (governo residuo, in realtà, visto il grande potere concesso al CdA, ma anche questo è un aspetto che molti ancora faticano a inquadrare, e che oltre tutto molti Ordinari anziani vedono con favore, ritenendo forse di poter utilizzare le posizioni in CdA riservate a componenti esterni all’Ateneo per mantenere "posizioni di potere"). La riduzione stipendiale operata a danno prevalente di Ricercatori e Associati (e Ordinari giovani) in occasione della recente manovra finanziaria sembra d’altra parte rivelatrice di un tacito accordo raggiunto a favore del ddl.

Per tutte queste considerazioni, trovo che, ancor più dei Ricercatori, dovrebbero essere gli Associati (e gli Ordinari più "open minded") ad opporsi all’approvazione del ddl, richiedendo con forza sostanziali modifiche che reintroducano le necessarie garanzie "per una Università pubblica, libera e aperta, sede di ricerca e di alta formazione" (http://www.rete29aprile.it/FILES_UPPATI/Documento%20R29A%20no%20sinopsi%20finale_def.pdf).

Per parte mia, aderisco alla mobilitazione dichiarando in Facoltà l’obiettiva impossibilità di farmi carico di compiti didattici oltre le previsioni di legge (un corso/anno, o, se in servizio ex 230/2005, 120 ore/anno) e in ogni caso il rifiuto di assumere carichi didattici in sostituzione dei Ricercatori che hanno affermato la propria volontà di astenersi dall’attività didattica nel prossimo a.a.
(cfr. http://aperinsubria.blogspot.com/2010/07/assemblea-di-ateneo-del-6-luglio-2010.html)

Penso che questo sia nell’interesse non solo di ogni singolo Ricercatore e Professore, ma dell’Università e della ricerca nel loro complesso e di conseguenza a beneficio dell’intera collettività, in una visione sicuramente più ampia del mero "avvio regolare" di un singolo semestre.

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Pubblicato il 29 Settembre 2010
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