Dopo le fusioni il territorio rischia di rimanere senza banche

Il segretario generale di Fiba-Cisl Giuseppe Gallo. La proposta: «Flessibilità in ingresso non sulla durata del contratto, ma su orari e paga, e solo per i primi quattro anni dall'assunzione"

Banche: un settore decisivo dell’economia. Spesso nel mirino. Oggi all’Hoyel Pineta un’occasione di parlare dei loro problemi era data dalla presenza del segretario generale nazionale di Fiba-Cisl, Giuseppe Gallo, che ha incontrato anche la stampa locale. Il momento è importante per i lavoratori del settore: il 31 dicembre scade il contratto nazionale di lavoro ed è il momento di rinegoziare in un quadro profondamente mutato dall’irrompere del precariato e della crisi sullo scenario.
Qual è, innzatitutto, lo stato del sistema banciario italiano al presente? «Il nostro sistema è solido» risponde Gallo, «anzi risulta il più solido nel mondo sviluppato, insieme a quello canadese. Anche i cosiddetti ‘stress test’, simulazioni patrimoniali su scala europea, hanno dato esito positivo. Le banche in Italia hanno retto meglio di altri grazie al radicamento territoriale», alla raccolta diffusa di denaro fra i correntisti, insomma al contatto con l’economia reale. A soffrire per prime e brutalmente la crisi sono state, riferisce Gallo, le banche che ottenevano le risorse dallo stesso sistema interbancario: chiusi i rubinetti dalla crisi, sono venute meno. Chi si è ancorato al territorio, tuttavia, se in un primo momento ha preservato la liquidità, patisce ora per le medesime ragioni gli effetti di medio-lungo periodo della recessione: e soprattutto le sofferenze bancarie, ossia i crediti di difficile esigibilità, mettono a dura prova il sistema. «Siamo in una congiuntura "di tenuta", ma c’è un problema di redditività complessiva» osserva il sindacalista nella sua analisi «che non sarà di brevissimo periodo».
Quanto alla piattaforma rivendicativa in vista del nuovo contratto dei bancari e assicurativi, il segretario di Fiba Cisl pone come priorità il discorso del patto generazionale. «Un patto fra chi già lavora nelle banche e chi vuole entrare a lavorarvi. Un sindacato responsabile deve porre la questione occupazionale, soprattutto con i dati sulla mancanza di lavoro tra i giovani, che tocca il 30%. Vorremmo impostare la nostra piattaforma su questa priorità, ma con realismo: considerando gli accordi conclusi questa primavera con Intesa San Paolo e pochi giorni or sono con Unicredit, che prevedono di assumere giovani subito a tempo indeterminato ma con flessibilità di salario e di orario per i primi quattro anni sotto contratto». In altre parole si rovesciano i termini del problema: flessibilità non più in termini di contratto a scadenza (che oltretutto rende il lavoratore ricattabile, ed esposto a pressioni per "piazzare" questo o quel prodotto finanziario spesso indatto ai profili di rischio della clientela), bensì su paga e orari, in cambio della certezza del posto. «Pensiamo che si possa scrivere nel contratto nazionale una norma di questo tipo, sarebbe un’innovazione». I dati sul precariato sono allarmanti: sulle nuove assunzioni nel 2007 solo il 37,6% era a tempo indeterminato, nel 2008 appena il 31,4%. Per dare un’idea di quanto modeste siano state comunque, ben il 94% dei lavoratori totali del settore nel 2008 aveva un contratto a tempo indeterminato; significa un ricambio annuo di meno di un decimo del personale, ma col passare degli anni si sarebbe aperta una forbice inesorabile. «Vogliamo stroncare il fenomeno finché è all’inizio» dichiara Gallo. Fra gli altri aspetti salienti della piattaforma figurano la tutela del potere d’acquisto degli stipendi, da calacolare usando, come da accordi confederali, l’indice IPCA per l’aggiustamento secondo l’inflazione e calcolare i salari; e negoziare i sistemi di incentivazione. «Un terzo pilastro sarà il welfare aziendale, con previdenza integrativa forte per i giovani, che rischiano di trovarsi un domani una pensione ai limiti della sostenibilità»; più asili aziendali, cassa mutua e ogni servizio o benefit utile ai dipendenti. «La nostra attenzione si punta sui quadri direttivi, che sono quasi il 40% dell’intera categoria: su di loro si caricano sempre maggiori responsabilità di tipo manageriale, una vera slavina. Cui serve un corrispettivo: vanno rivisti inquadramento e scala parametrale» conclude il segretario di Fiba-Cisl.

Alberto Broggi è il segretario provinciale del sindacato. «La provincia di Varese è stata una delle più colpite da incorporazoni e fusioni tra banche. Il gruppo Ubi ha visto l’integrazione la Popolare di Luino e di Varese e l’ex Credito Varesino; la vecchia Big (banca industriale gallaratese), ora Popolare di Lodi è confluita nel gruppo Banca Popolare, nel gruppo Unicredit si crea Banca Unica ragguppando sette banche diverse»; e non finisce qui. «Tutto questo crea problemi interni ma anche nei rapporti con le realtà produttive del territorio». Che spesso accusano le banche per i riubinetti chiusi del credito: anche se da questo punto di vista sono proprio le banche più "territoriali" quelle in cui si ripone più fiducia. «Si sono chiusi alcuni sportelli, importante qui nel Varesotto è la salvaguardia delle professionalità, dei livelli occupazionali; e monitorare fenomeni come la mobilità fra sedi di lavoro e i rapporti con il mondo produttivo». C’è poi la preoccupazione, aggiunge Broggi, che perdendo i riferimenti abituali di sportello, di banca, di filiale il cliente perda fiducia nel mondo del credito. «A noi spetta come minimo limitare i danni. E sia chiaro che dovranno restare comunque nella nostra provincia centri deliberativi e decisionali del sistema bancario, anche dopo queste fusioni e incorporazioni. Perchè il territorio va presidiato».

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Pubblicato il 21 Ottobre 2010
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