Lo studente contesta il magistrato: “Non siamo tutti uguali”

Botta e risposta tra un giovane bustocco e l'ex-magistrato sul tema della legalità durante una lezione al teatro Sociale: "c'è chi comanda e chi no, non cambierà niente di qui a cinquant'anni, e non voglio impegnarmi"

Siamo tutti uguali? Non proprio, e c’è chi contesta. L’incontro fra l’ex magistrato del pool di Mani Pulite Gherardo Colombo e gli studenti del liceo Candiani e di altre scuole bustocche (IPC Verri, Itis Facchinetti, liceo Crespi, liceo Tosi) non è proprio stato monodirezionale, anzi. Emergono anche i temi della protesta studentesca, in superficie, ma soprattutto lo spirito dei tempi. Grami, non c’è che dire, per la libertà, o per la fede che qualcosa del genere esista al di là delle parole e della volontà. E cionostante c’è movimento, c’è voglia di discutere.

C’è da discutere persino su un concetto basilare: che la legge deve essere uguale per tutti. Chi lo negherebbe? Uno dei ragazzi del Candiani alza la mano e "coraggiosamente" lo nega, «perchè non siamo tutti uguali». Non basta a Colombo spiegare che la legge deve dare a ciascuno eguali possibilità, al preside Monteduro precisare che «non siamo "tutti uguali", ma nemmeno diseguali: siamo diversi». «Non siamo tutti uguali, e le mie possibilità sono determinate dalle persone che detengono il potere» dichiara convinto il ragazzo, che "sa già tutto". «Sarebbe bello che la legge fosse uguale per tutti, ma non è così: è un’utopia». Spaventano lucidità, accettazione e intima rassegnazione al concetto. Non basta nemmeno l’esempio dei rapporti da tenere con un fratello minore, portata dall’ex magistrato, che avverte inoltre: «Se manca la voglia di fare, l’impegno, il mettercisi è perchè si crede che sia solo un’utopia, perchè si sbaglia. La scelta è inscindibile dalla responsabilità. Senza impegno non c’è repubblica, non c’è democrazia. Se i cittadini non si impegnano, qualcuno si impegnerà al posto suo». La politica o la fai, o la subisci. Ed ecco Monteduro lanciarsi all’attacco del qualunquismo e della rassegnazione, mali italici per eccellenza; da sempre, va detto, i migliori alleati della conservazione più becera. Niente da fare: il nostro contestatore (il sospetto è che si tratti di uno che farà strada ndr) mostra carattere e opinioni controcorrente, pur scontando l’impopolarità del giudizio dei "colleghi" studenti: «Purtroppo è così, c’è chi comanda e chi obbedisce, e mi adeguo di conseguenza. Io non voglio fare niente, non è che non posso». Dichiarazione programmatica che molti, zitti, potrebbero sottoscrivere a testa bassa. «Ma come, le sta bene la società dove il figlio del professionista ha più possibilità? A me no». «A me sì; e tra cinquant’anni vediamo come va a finire» sfida il giovane, forte del suo futuro tutto davanti e di una storia che ha sistematicamente dato ragione ai forti, non ai giusti. La seconda guerra mondiale, a ben pensarci, l’hanno vinta le bombe, non le parole d’ordine. «Lei può dire "voglio" proprio perchè la società non è più così piramidale» l’obiezione del preside.

Se a fare rumore e notizia è sempre l’albero che cade, la foresta che cresce al Candiani e nelle altre scuole che hanno aderito a questa iniziativa appare solida. Le domande piovevano dopo la presentazione: purtroppo Colombo aveva un improrogabile volo per Bruxelles e non ha avuto molto tempo per rispondere. All’ex giudice chiedono «se sia mai stato ostacolato nello svolgimento dei suoi compiti»; oppure temi di più stretta e immediata attualità. C’era il tema dell’informazione: «Se quella che ricevo è limitata, come posso scegliere?» chiedeva una studentessa. La risposta era in un paradosso, uno dei tanti di questo tempo. «È molto difficile informarsi oggi; eppure nessuno ha mai avuto tante informazioni quanto noi oggi. Bisogna impegnarsi e cercare. Questo cosa fatica, siamo umani del resto».

E ancora: «Perchè i prof sono ignoranti di politica?» «Anche loro risentono della mentalità generale». E un’altra ragazza: «Perchè questa scuola non sa niente di quello che accadrà con la riforma Gelmini? Fossi un professore mi vergognerei…» «Cinque minuti al mondo di lettura di giornali andrebbero messi nel programma».
Perchè? Perchè? Perchè? Questi giovani vogliono sapere. È già qualcosa, un segnale.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 30 Novembre 2010
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