Monicelli, “un fondo di amaro, nell’opera come nella vita”

Così lo ricorda Gabriele Tosi, presidente del BA Film Festival che lo ospitò nel 2005: "Ci lascia una grande persona, dallo sguardo disincantato e critico sul suo Paese. Il suo limite la mancanza di speranza"

Se ne è andato un grande. L’ha fatto bevendo fino alla feccia il calice più amaro, quello della vecchiaia e della malattia, fino a seguire le orme del padre, suicidatosi molti decenni prima. Un elemento tragico che richiama beffardamente col tema prescelto dell’ultima edizione BA Film festival, che giocava proprio sulla paternità e l’eredità. Perchè dell’appuntamento cinematografico bustocco Mario Monicelli era stato ospite, nel 2005 (nella foto): accolto con una meritata standing ovation. Il dolore per le circostanze tragiche della sua dipartita, che a 95 anni a tutti pare prematura – lo si dava per immortale, come il valore di varie delle sue opere filmiche – non è di circostanza.

Quest’uomo amaro e lucido, che ha avuto la fortuna di fare con successo uno dei mestieri più belli, creare per immagini, non poteva andarsene nel silenzio, così. Abbiamo chiesto un parere a chi ebbe l’onore di conoscerlo e l’ardire di invitarlo a Busto Arsizio a quello che era allora un giovanissimo festival cinematografico con grandi ambizioni: Gabriele Tosi, il presidente del BAFF. Va da sè che l’uscita di scena del maestro, per le modalità tragiche, lo ha colpito dolorosamente.
«Una grande persona, con un fondo di amaro nelle opere, così come nella sua vita. Da tempo si era meritata la stima di tutti a livello nazionale e internazionale» ricorda. Cosa ci resta di Monicelli? «Quella sua capacità di guardare all’Italia con sguardo disincantato, non privo di affetto ma anche critico». In occasione di Raiperunanotte, nel marzo scorso, Monicelli ci aveva lasciato un suo testamento estremamente lucido e duro, levandosi tutti i sassolini che chi guarda la vita dall’alto può levarsi. Messaggio umano e politico, imbevuto di un suo stoicismo. Invitava a guardarsi persino dalla speranza, "una brutta parola, una trappola inventata dai padroni" perchè usata per giustificare l’inazione e la passività. «Era il suo limite» commenta Tosi, d’altro avviso, con grande amarezza. «Mi duole dirlo: il non riuscire a credere nella speranza l’ha condotto al gesto estremo. Poi, certo, chi può giudicare, nelle sue condizioni?»
Il BAFF ha già programmato delle retrospettive e degli omaggi per personaggi venuti a mancare in questo 2010: due sceneggiatori come Suso Cecchi D’Amico e Furio Scarpelli. «Penseremo comunque alla possibilità di inserire un adeguato ricordo anche per Monicelli» fa sapere Tosi.
Quando gli si chiede un titolo in particolare, il presidente-organizzaore in capo della manifestazione cinematografica bustese esita. «Vedete, dietro ogni pellicola non identifico solo l’ora e mezza della sua durata, ma i mesi, gli anni a volte di lavoro di cui è il frutto, la vita stessa degli artisti che vi sono stati impegnati. Citare una parte per il tutto sarebbe riduttivo. E ciononostante, devo dire che quando nell’edizione di quest’anno, di Monicelli abbiamo proiettato La Grande Guerra (era presente lo sceneggiatore Luciano Vincenzoni ndr) che ha avuto grande successo tra i ragazzi, a smentita di quanto spesso si sostiene sul fatto che il grande cinema non li possa interessare. Certo anche I soliti ignoti è un titolo che si cita volentieri, nella filmografia di questo cineasta. Personalmente, ho apprezzato di meno i due Brancaleone, estremizzavano un po’ quel canone amaro che era la cifra, il marchio di Mario Monicelli».

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Pubblicato il 30 Novembre 2010
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