“Ogni Natale costruisco il presepe per sei mesi, da 39 anni”

Lino Trussi lavora al maxi presepe vivente dalla prima edizione. Oggi vi sono oltre 30 volontari: si inizia a settembre, si smonta a marzo: “Che sia Natale o altro si sta bene”

Lino Trussi«Ci divertiamo, ci mandiamo anche a quel paese. Ma è proprio questo il bello». Lino Trussi lavora nel cantiere del maxi presepe vivente di Venegono Inferiore. Da 39 anni. «Un sacco di tempo – dice lui ridendo sarcastico -, lavoravo anche, mica facevo solo questo, fin dall’inizio. Ora sono in pensione e sei mesi l’anno li dedico a questa impresa».
Già, sei mesi l’anno. Tutti i giorni per costruire e gestire un presepe. Sono in trenta volontari, nessuno pagato, tra falegnami, elettricisti, fabbri e tutto quello che serve per costruire ex novo quello che sembra un vero piccolo villaggio. «Ci dicono che siamo un po’ matti – aggiungono altri volontari quando capiscono che un giornalista vuole sentire la storia di Lino -. Montiamo e disfiamo, in continuazione, ogni anno. Siamo matti».
Lino ha 64 anni, in pensione da 14, ex meccanico, realizza questo presepe fin dalla sua prima edizione, nel 1972. Non ne ha mai saltata una. «Iniziamo a settembre, facciamo le recite a dicembre e gennaio, tutti i giorni, e poi smontiamo fino a marzo – racconta -. È sempre stato come un hobby, un passatempo». (per info sulle rappresentazioni www.presepiovenegono.it)
 
Come è nata questa iniziativa?
«All’inizio eravamo una quindicina. Oggi siamo in una trentina compresi gli attori. L’idea era venuta all’allora parroco, don Carlo Lucini, oggi a Saronno. Utilizzavamo il cortile dell’oratorio, poi il cinema, adesso questo campo, decisamente più comodo perché abbiamo anche il deposito».
 
Ma chi sostiene economicamente tutto?
«Nessuno».
 
In che senso?
«Facciamo con quello che troviamo in giro, con quello che altri magari non utilizzano. Bancali che andrebbero buttati via. Oppure ci sono delle aziende della zona, molto disponibili e sensibili, che da tempo ci danno del materiale che poi restituiamo».
 
Di cosa si occupa nel cantiere?
«Di tutto, come tutti. Si fa quel che serve, poi ognuno ha delle competenze anche lavorative. Ho fatto anche l’attore, il prete, tante volte. Ma anche il pastore e il narratore».
 
Anche san Giuseppe?
«Mai. Per quei ruoli cerchiamo sempre famiglie giovani che abbiano un bambino piccolo. Qualche anno fa lo ha fatto mio figlio».
 
Ma cosa la spinge ogni anno a impiegare sei mesi della sua vita a questo progetto?
«Bella domanda! (ride). Forse per non stare sempre al bar. O forse per non stare a casa a a litigare con la moglie tutto il tempo (ridono anche gli altri). Don Roberto diceva che eravamo i vedovi del presepe, tutti uomini che lasciano a casa le mogli. A parte gli scherzi anche mia moglie quando sono troppo a casa poi mi dice “non devi andare al presepio”!»
 
Quando conta la fede?
«Molto. Ma c’è altro. È una cosa naturale. Ormai è una tradizione che si sente in paese. Ci si trova con naturalezza senza insistere. Ridiamo scherziamo e chiunque può aiutarci. Non siamo un associazione, siamo il Gruppo degli amici del presepio».
 
Ci sono anche giovani?
«Sì, ne stanno arrivando, come noi all’inizio. Offrono la loro disponibilità quando possono. A noi va bene».
 
C’è un anno particolare che le è rimasto in mente?
«Negli anni ’80, quando c’è stata la grande nevicata. Avevamo realizzato un vero laghetto profondo 70 cm. Io interpretavo il pescatore e si era tutto ghiacciato, anche i pesci e la neve sul mulino. Non è stata una passeggiata. Ne ridiamo ancora».
 
Sarà difficile con il freddo…
«Ci scaldiamo lavorando e divertendoci».
 
Come vive il Natale?
«Per me è qui che si sente. Siamo un gruppo affiatato, diventa quasi una malattia: o si sente o non sente, viene spontaneo dopo gli anni».
 
Quale la soddisfazione più grande?
«Vedere realizzato tutto e il pubblico che partecipa. Il tempo che uno dedica, e tutto ripagato. Vuol dire che non abbiamo lavorato per niente. Ho fatto qualcosa che la gente soddisfatta. C’è chi crede più o meno, ma quando le famiglie si siedono qui qualcosa si sente. Che sia Natale o altro, si sta bene».

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Presepe vivente 4 di 11

Una voce giunge dal palco in construzione: «Torna a lavorare!». Gli altri ridono, anche Lino che alza le spalle come a dire "È tutto qui".

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Novembre 2010
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