Violenza sulle donne, denunce in crescita fra le giovanissime

C'è anche il fenomeno opposto delle denunce a vuoto "per risolvere altre situazioni", magari con i genitori. Numeri impietosi: quasi un terzo delle italiane ha subito abusi nella sua vita, per il 96% mai denunciati

Momento educativo alto, nel senso migliore, quello ai Molini Marzoli con gli studenti dell’IPC Verri di Busto Arsizio (concluso con l’aperitivo offerto dai ragazzi dell’indirizzo alberghiero). per celebrare la giornata internazionale contro la violenza alle donne. Con referenti istituzionali chiamati ad illustrare agli adolescenti i dati di un fenomeno in larghissima misura segreto e sommerso.
La professoressa Annitta Di Mineo, organizzatrice dell’incontro, nella sua introduzione alle relazione, metteva in luce gli scopi di questo appuntamento annuale: sensibilizzare al problema, ma anche educare a sviluppare la capacità relazionale. Perchè un’educazione anche ai sentimenti, oltre che alla conoscenza della sessualità, non dovrebbe mancare: la si dà per scontata, come un fatto della vita che si acquisisce. Non è sempre così, e a pagarne le conseguenze, spesso, sono le donne. Di Mineo ha fatto una panoramica delle violenze, di tipo fisico, psicologico, sessuale, ma anche delle costrizioni economiche e religiose che troppe volte gravano sulle donne. «Un fenomeno mondiale» dice «che riguarda le etnie più diverse». In Italia troppe donne subiscono in silenzio compagni violenti ma dall’atteggiamento altalenante, che ora picchiano, ora rinnovano il loro amore. E le donne ci ricascano, convinte di "cambiarlo" (la più femminile delle illusioni, la più detestata delle pretese dal punto di vista maschile) quando solo l’indipendenza economica e la ferma volontà di dire basta, se necessario con l’aiuto delle istituzioni, possono mettere fine al ciclo delle violenze.

All’avvocato Cristina Marrapodi spettava un’introduzione di taglio storico sull’evoluzione della legislazione a riguardo della donna e dei suoi diritti. Dalla donna come cosa, come possesso, dell’antichità, fino al delitto d’onore abolito solo nel 1981 dall’ordinamento italiano; effetto di battaglie di cilvtà portate a compimento con il referendum sul divorzio (1974, «anche io c’ero: la parità è una conquista» spiega la presidente Bolis alle studentesse) e la riforma del diritto di famiglia (1975). Negli anni Duemila gli aggiustamenti recenti: tra l’altro la nuova legge sulla violenza sessuale (artt. 609 bis e segg. c.p.), reato « non più contro il buon costume, ma contro la persona», che incorre in pene molto più pesanti che per il passato, e la legge sullo stalking (art. 612 bis, “atti persecutori”), che ha colmato un “vuoto legislativo” consentendo di intervenire in casi in cui «la vittima è a rischio, a volte della vita». Lo stalker, che perseguita, aspetta sotto casa e all’uscita dal lavoro, telefona a tutte le ore, lusinga e minaccia alternativamente, è per lo più un ex, spesso con un passato criminale o turbe psichiatriche: «un malato, ma da punire per la violazione della libertà personale».

Importante il contributo del sostituto procuratore Valentina Margio, pm in più di un processo per casi di violenza contro soggetti deboli e quindi esperta della casistica. La violenza sessuale, ricordava, «risulta il reato più temuto dagli italiani, più del furto o della rapina: a riguardo c’è un’insicurezza percepita». In caso di denunce, la Procura procede dando priorità a questi casi, «e con procedimenti che garantiscano la vittima anche dal punto di vista psicologico. Bisogna essere forti per affrontare la fase istruttoria e il processo». Si raccolgono la testimonianza della vittima, i riscontri medico-legali, eventuali altre testimonianze. Fatto ciò, si interviene sul reo, nella stragrande maggioranza dei casi noto: «ma per arrivare alla custodia in carcere bisogna vagliare caso per caso», ed esistono misure più lievi per i casi meno gravi, come l’allontanameno dalla casa o dal comune di residenza, o per lo stalking il divieto, sotto pena d’arresto e detenzione, di avvicinare la persona. «Ogni situazione va valutata» ricorda la pm. «Anche una pacca sul sedere o un bacio rubato sul collo, tecnicamente, possono configurare una violenza». Vittime di abusi sessuali non sono solo donne adulte, ma anche adolescenti. «Sono in crescita i casi di giovanissime vittime di abusi da parte di familiari, amici, compagni di scuola, persone incontrate a feste o in locali». La denuncia, però, non va fatta alla leggera, «non è una cosa che serve a uscire da altri pasticci, magari con i genitori: nell’ultimo anno più volte ci è capitato che ci fossero denunce che "risolvevano" altro». Doveroso quindi andare con i piedi di piombo; le conseguenze per gli accusati sono pesanti. Ma per chi ha sofferto violenza, non resta che rivolgersi a forze dell’ordine e magistratura. «Noi possiamo accertare solo la verità processuale, ma abbiamo bisogno di voi».

L’assessore ai servizi sociali Mario Crespi leggeva ai ragazzi le statistiche Istat tratte da un’indagine su 25mila donne dai 16 ai 70 anni di tutta Italia, i cui risultati destano sconcerto. «Sei milioni e 743mila donne hanno subito qualche forma di violenza: è il 31,9%. Nella quasi totalità dei casi non si denuncia, il 96% dei casi non viene segnalato». Di che fare invidia ai furti, quanto a impunità.
La maggior parte di queste violenze «sono patite per mano di mariti, parenti, fidanzati. Le violenze maggiori sono quelle consumate tra le mura di casa». Da avvocato, Crespi ha presente a sua volta le dificoltà d’ordine pratico e psicologico che le donne trovano nel denunciare quando picchiate o abusate sessualmente: «in quanti casi, di fronte alla difficoltà di trovare una nuova casa, gli aspetti pratici e logistici della vita vengono messi davanti ai sentimenti ormai affievoliti». Quanto alla legge sullo stalking, di fronte al dato secondo cui «un milione di donne italiane è rimasta vittima di stupro o tentato stupro» e la metà ha subito comportamenti persecutori, «è molto probabile statisticamente che anche qualcuna delle ragazze qui presenti siano state vittime». L’insegnamento per i maschietti è che «no è no», che «nel dubbio non dobbiamo dare per scontato il consenso della ragazza, dobbiamo presumere un’assenza di consenso», pur senza ridursi a rinunciare alla socialità, ai flirt e all’amore. Per la statistica, un milione e quattrocentomila donne hanno subito abusi di vario tipo prima dei sedici anni: «e qui non solo non c’è la denuncia, ma non se ne parla proprio con nessuno, per tutta la vita».
Il Comune di Busto non resta comunque con le mani in mano. Il progetto S.AV. – Servizio antiviolenza svedrà iniziare in questi giorni il corso di formazione per gli operatori. In un mondo di solitudini, dramma del nostro tempo, servirà a far trovare ascolto e appoggio. «Fate sapere che questo servizio esiste» ha concluso l’assessore rivolto ai ragazzi.

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Pubblicato il 25 Novembre 2010
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