Gli avvocati di Uva contestano l’assoluzione del medico
La sussistenza dell’errore medico, scrive il gup nella motivazione, non emerge in termini di certezza
Il dottore del pronto soccorso indagato per il caso Uva è stato assolto, in udienza preliminare, perché somministrò dei farmaci su indicazione di un altro medico. Quest’ultimo però non è identificabile dai verbali dell’ospedale. E’ questa la motivazione con cui è stato assolto uno dei medici indagati per la morte di Beppe Uva, avvenuta il 14 giugno del 2008 a Varese. Un caso noto soprattutto perché la famiglia chiede che sia fatta luce sulla permanenza nella caserma dei carabinieri dell’uomo, quella notte. La decisione emerge dalle motivazioni del gup, Cristina Marzagalli, che ha rinviato a giudizio, a sua volta, un medico psichiatra che decise di somministrare , lui sì, dei farmaci. La causa di morte per farmaco, inoltre, non è data in assoluto dalle perizie: «La sussistenza dell’errore medico – scrive il gup nella motivazione – non emerge in termini di certezza dalla consulenza tossicologica disposta dal pm; la professoressa Vignali si esprime nel senso di impiego sconsigliato dei 4 farmaci somministrati alla vittima, in concomitanza con l’uso di alcol etilico, senza tuttavia affermare la sussistenza di un vero e proprio errore professionale nel caso concreto». Secondo gli avvocati Alessandro Gamberini, Fabro Anselmo e Alessandra Pisa, l’assoluzione è discutibile.
La posizione dei legali è riassunta in questa nota firmata dai tre avvocati e che vi proponiamo integralmente e senza alcuna aggiunta o commenti:
«La decisione del Gup di Varese di prosciogliere il dott. Matteo Catenazzi è frutto in primo luogo di un grave errore di valutazione. Ritenere che il medico di Pronto soccorso non abbia gli strumenti per valutare se un preparato farmacologico – cioè un tranquillante – abbia una grave controindicazione nello stato di alterazione alcoolica è illogico e contraddittorio con elementari canoni della scienza medica. In tal senso la parte civile proporrà ricorso per Cassazione e solleciterà la Procura della Repubblica di Varese e la Procura generale di Milano a fare altrettanto. La sentenza del Gup mette a nudo peraltro la debolezza dell’indagine della Procura e dei consulenti da essa nominati – è pensabile (come sostiene il Giudice) che in un Pronto Soccorso non si individui il medico che ha apposto una firma sia pure illeggibile, ed ancora è pensabile che quei consulenti non abbiano detto alcunchè sui valori enzimatici risultanti dagli esami del sangue di Giuseppe Uva, la cui alterazione è stata notata dalla dott. ssa Celli dell’istituto di Medicina legale dell’Università di Torino con una risalente relazione depositata dalle parti offese ? – ed invoca la necessità che sulla morte di Giuseppe Uva si faccia chiarezza anche sul versante medico legale. Senza che la difesa a oltranza del proprio operato divenga ragione per la Pubblica accusa per negare quei necessari approfondimenti, la cui mancanza ha portato al fallimento della promozione dell’azione penale nei confronti del dott. Catenazzi».
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