Degrado in piazza Repubblica, il piano d’intervento della Questura
La piazza non è la Harlem degli anni ’60 però è molto elevata la percezione d'insicurezza dei commercianti. La polizia ha aumentato i controlli "ma va ripensato lo spazio urbano"
Piazza Repubblica non è la Harlem degli anni ’60. «Non c’era e non c’è una situazione emergenziale con risvolti penali rilevanti». Però è un fatto che la percezione d’insicurezza dei commercianti e di chi vi transitava di passaggio, in alcuni casi, aveva raggiunto livelli molto alti e riecheggiato sugli organi di stampa. Ed è soprattutto per rispondere all’appello dei commercianti che dalla questura di Varese hanno pianificato e attuato una strategia ad hoc per il monitoraggio del luogo.
Ciò che hanno fatto, da quasi un anno a questa parte, le volanti varesine, lo hanno illustrato i dirigenti Vassallo e Dalfino, delineando un’operazione che ha esplicitamente i contorni di un’opera di «prevenzione per il mantenimento della convivenza civile».
La situazione di partenza era nota: piazza Repubblica è terra di nessuno. «Quel luogo è stato progettato per lo stile di vita di qualche tempo fa – ha spiegato il dirigente della questura Dalfino -, ora appare come un grosso stadio inutilizzato, ricettacolo di diversi gruppi di persone accomunati da una condizione di profondo disagio sociale». Caratteristica che ha velocemente alimentato il grado di «paura percepita» e l’allarme dei negozianti, tanto che i poliziotti hanno redatto un piano d’intervento «che va oltre il mordi e fuggi», e dallo scorso febbraio sono stati potenziati i pattugliamenti della piazza e monitorati i suoi frequentatori più assidui.
Non si è trattato di un intervento semplice perché, come spiegano dalla questura, «non eravamo in presenza di reati immediatamente individuabili». Si trattava per lo più di persone senza lavoro, per la maggior parte italiane, tra i 25 e 30 anni, molte delle quali con medio-piccoli precedenti penali e quasi tutti in una condizione di disagio sociale. Un mix che spesso dava vita ad episodi poco edificanti: «“apprezzamenti” un po’ volgari alle signore, qualche lite, sporcizia. E poi sicuramente qualche episodio anche più serio».
Di concerto con i poliziotti di quartiere, la questura si è mossa quindi in due direzioni: da un lato per un’opera di dissuasione costante con i frequentatori della piazza (monitoraggi, controlli, avvisi orali); dall’altro verso un’operazione “investigativa” per ricostruire le abitudini e la vita di molti di loro e individuare le reali condizioni di pericolo.
Da questo lavoro sono emersi diversi risultati. Per alcuni, con un “profilo disciplinare” meno preoccupante, sono stati emessi 20 avvisi verbali, soprattutto per indurli ad un comportamento più rispettoso; per altri, inseriti in un «contesto più avanzato di criminalità», sono stati predisposti 10 proposte di sorveglianza all’autorità giudiziaria (che naturalmente dovrà decidere se esistono gli estremi giuridici che giustificano un tale provvedimento).
Questi sono dunque i contorni nei quali si sono mosse le forze di polizia, «diciamo che abbiamo scoperchiato la pentola – spiegano i dirigenti – ma di sicuro il problema non può risolverlo solo la polizia». E una possibile soluzione la si può leggere dalle loro stesse parole, «evidentemente bisognerebbe ripensare alla conformazione urbana della piazza stessa».
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