L’ira di Piccolomo, contesta i giudici e lo cacciano dall’aula

La corte d'assise non ammette alcune prove delle difesa e l'imputato urla: «E allora condannatemi subito!». Gli agenti lo portano fuori ma lui continua a insultarli. Epilogo drammatico del primo giorno di processo per il delitto delle mani mozzate

Ha avuto un epilogo clamoroso, la prima udienza del processo in corte d’assise a carico di Giuseppe Piccolomo, il presunto killer delle mani mozzate (nella foto i pm Petrucci e Grigo). L’imputato – accusato di omicidio volontario e vilipendio di cadavere, con le aggravanti della crudeltà e della premeditazione – si è fatto espellere dall’aula, per un improvviso scatto di ira. Il presidente della corte, Ottavio D’Agostino, stava leggendo la decisione relativa all’ammissione delle prove al processo, in cui rigettava molte delle richieste della difesa, quando Pippo, seduto accanto al suo avvocato, ha urlato: «E allora condannatemi subito!». Un’invocazione beffarda, ripetuta per tre volte. L’avvocato Simona Bettati ha cercato di fermalo: «Piccolomo, ma stiamo scherzando?», lo ha rimbrottato. Il giudice lo ha però cacciato dall’aula: «Portatelo fuori». Un perdita di controllo che, se da un alto non ha alcun significato in un processo indiziario come questo (senza confessione e senza prove definitive) dall’altro conferma, in parte, il ritratto che ne hanno fatto le figlie e diversi testimoni: un uomo irascibile, incapace di controllarsi, improvvisamente aggressivo.
Piccolomo è stato accompagnato fuori dall’aula da due agenti di polizia penitenziaria, ma le sue urla si sono udite distintamente anche dopo l’espulsione: «Pezzi di m… giù le mani!».
Un finale di udienza drammatico, mentre il processo è solo alla sua fase interlocutoria e le vere carte sono ancora tutte da giocare. La corte ha negato alla difesa alcune prove interessanti, come la scrittura privata di un contratto di vendita di un terreno che avrebbe fruttato 135mila euro, e che secondo Piccolomo dimostrerebbe che non aveva bisogno di uccidere per avere dei soldi (è proprio questa decisione che ha fatto infuriare l’imputato). I giudici si sono invece mostrati possibilisti sulla richiesta di effettuare una perizia suppletiva sul fodero del coltello in cui è stato trovato il dna della vittima. Sarà ascoltato il consulente, poi si deciderà. Il resto è stata tattica processuale, tra difesa e accusa, rappresentata in aula dai pm Luca Petrucci e dal procuratore capo Maurizio Grigo.
La mattinata era stata tranquilla. Piccolomo era arrivata scortato; vestito di beige, barba ben curata, atteggiamento prudente. La corte, inoltre, dopo un’ora di camera di consiglio aveva rigettato la richiesta della difesa di considerare nulle le intercettazioni e gli atti successivi, per la mancanza dei brogliacci (in realtà c’erano i cd).
La prossima udienza è il 7 febbraio. L’accusa ha presentato una lista con 63 testimoni, la difesa con 36. Molti coincidono e il numero è destinato a scendere.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 31 Gennaio 2011
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