Pro Patria, a Palazzo Gilardoni cadono dalle nuvole
"Non c'è nulla di nuovo" ripete il sindaco farioli. perplesso anche il presidente onorario Armiraglio: "Non ne sapevo niente"
Non si capisce se prevalga la perplessità o l’irritazione, ma a Palazzo Gilardoni, del passaggio di mano della Pro Patria nessuno sa alcunché. «Non c’è nulla di nuovo rispetto al solito» taglia corto il sindaco Gigi Farioli. «C’è il tentativo di Tesoro di passare le quote di sua proprietà a questo imprenditore di cui parla da tempo, attraverso un suo intermediario. Lui comunque resterebbe, con una percentuale significativa». Questo è quanto. «Pattoni? Nomi se ne sono fatti già troppi, e a vanvera».
«Non ne sapevo nulla» aggiunge sorpreso l’assessore Alberto Armiraglio, presidente onorario della Pro Patria che ha presieduto il club biancoblu per un decennio, sotto la gestione dei Vender. Armiraglio è perplesso per le modalità: se un nuovo patron subentra, dovrebbe presentarsi quanto prima.
È in effetti parecchio strano che due persone fra quelle che più si sono impegnate a tenere i contatti- particolarmente Farioli, che con Tesoro si sente pressoché quotidianamente – avanzino tali perplessià sulla asserita conclusione della vicenda. La situazione societaria del resto è quella che è: deferimenti, rischio di penalizzazioni che peserebbero sulla classifica, finora di vertice, dei tigrotti, e soprattutto stipendi e contributi da tempo non pagati. Nessuno è riuscito a seguire appieno le mosse di Savino Tesoro, di tanto in tanto uscitosene in dichiarazioni feroci sulla stampa; nè si capisce come l’imprenditore ligure più volte citato a chi gli chiedeva delle trattative sia "diventato" cremonese.
Sembrerebbe insomma che tra Mapello e Busto Arsizio, tra Savino Tesoro e l’amministrazione bustocca, coinvolta "per tifo" (e per mostrare che la città, a partire dal Comune, non abbandona i colori biancoblu), si parlino lingue diverse o si operi su piani differenti. Un altro mistero che si aggiunge ai tanti di una vicenda di difficile decifrazione.
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