Come ti catturo il latitante, parla IMD

Il suo è un nome in codice e ha fatto parte della squadra Catturandi che mise le manette ai polsi di Bernardo Provenzano, dopo 43 anni di latitanza

Giusto 5 anni fa, l’11 aprile 2006, Bernardo Provenzano finiva la sua latitanza durata ben 43 anni. Le manette che hanno cinto i polsi del boss di Corleone erano quelle della squadra Catturandi di Palermo. Per legalitàlia, uno degli esponenti più famosi di quella squadra parla al teatro di Sant’Edoardo. Si chiama IMD, o meglio, è il suo nome in codice. Per motivi di sicurezza, infatti, la sua identità non può essere divulgata e neanche le sue foto. Anche se avvolto da un alone di mistero, IMD racconta agli studenti come sia difficile catturare un latitante. «Per Provenzano -spiega- ci sono voluti ben 8 anni». Il boss di corleone, infatti, comunicava con i celebri pizzini che «impiegavano giorni o settimane per raggiungere il destinatario».

Intercettarli era quindi estremamente difficile e «ce l’abbiamo fatta solo quando abbiamo scoperto che molti venivano cuciti negli orli dei pantaloni del suo contabile in carcere e che un funzionario corrotto del comune li ricopiava con il computer dell’ufficio». Intercettazioni, microcamere e microfoni hanno poi permesso di individuare il covo e far scattare le manette. IMD ha poi raccolto le esperienze di oltre vent’anni di professione in “100% sbirro” e “Catturandi” perchè «dalle stragi del 92 le persone hanno iniziato ad avvicinarsi alle forze dell’ordine» e scrivendo libri «si può far capire meglio come lavoriamo e spingere la gente a fidarsi sempre più di noi».

Accanto a lui erano seduti Sandro Chiaravallotti del sindacato della polizia SIAP e Sebastiano Bartolotta, capo della squadra mobile di Varese. Quest’ultimo in particolare ha raccontato ai ragazzi i dettagli di come opera la polizia in un territorio con «grossi centri economici e che per questo non sono immuni dalla presenza di criminalità organizzata». Oltre alle ormai celebri operazioni “Infinito” e “Bad boys” che hanno decapitato gran parte delle cosche presenti nella zona, Bartolotta si concentra sull’indagine che non più tardi di due settimane fa ha portato dietro le sbarre 5 esponenti di spicco del clan Madonia. La ricostruzione degli eventi ha fatto emergere nella provincia di Varese «non solo la presenza di famiglie mafiose ma anche il clima di paura, intimidazione e omertà tipico di altre zone del Paese» al punto che «la maggior parte degli imprenditori taglieggiati ha parlato solo dopo numerose insistenze». Alcuni di questi, inoltre, starebbero già ritrattando le versioni fornite agli inuquirenti mettendo in difficoltà l’indagine stessa.

Tuttavia, il grande problema che le forze dell’ordine hanno nella lotta a tutte le mafie è il tempo. «Quando una cosca decide qualcosa, è subito messa in atto. Lo Stato invece a tempi molto più lunghi per agire». Avere più fondi a disposizione aiuterebbe molto questi agenti ma, si sa, i recenti tagli hanno colpito anche questo comparto strategico.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Aprile 2011
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