Studenti del liceo chiedono il riconoscimento del genocidio armeno
In una lettera aperta i ragazzi delle classi quinte del liceo linguistico chiedono al sindaco di riconoscere il massacro della popolazione armena avvenuto tra la fine dell'ottocento e i primi del novecento
Dall’impegno e dalla sensibilità degli studenti e degli insegnanti di 5L e 5O parte un’importante iniziativa legata al loro percorso di educazione alla cittadinanza che quest’anno si è concentrato sulla “questione armena”: i ragazzi hanno approfondito le conoscenze storiche sul genocidio del popolo armeno compiuto tra gli ultimi anni dell’800 e gli anni Venti del ‘900; a febbraio hanno potuto conoscere Antonia Arslan, autrice di “La masseria delle allodole”, che ha ripercorso attraverso la storia della propria famiglia la tragedia ancora poco nota degli Armeni.
Sulla scorta di questo sentito cammino didattico ed educativo, i ragazzi vogliono fare un gesto significativo per fissare nella memoria e nella coscienza collettiva la conoscenza e il riconoscimento del genocidio armeno, per colmare così un “buco” nella storia: chiedono al Sindaco che il Comune di Busto Arsizio presti attenzione alla “questione armena” e riconosca ufficialmente il genocidio armeno, come già hanno fatto altri Comuni sulla scorta del riconoscimento della Sottocommissione dell’ONU per i diritti dell’Uomo (nel 1985) e del Parlamento Europeo (nel 1987). Di seguito il testo della lettera aperta al Sindaco che studenti e docenti del Liceo Crespi si apprestano a sottoscrivere.
Lettera aperta al Sindaco di Busto Arsizio sulla questione armena
Sig. Sindaco,
siamo gli alunni di due classi che frequentano l’ultimo anno del Liceo Crespi. Nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza, abbiamo affrontato la questione armena, collocandola all’interno della Giornata della memoria. Quest’ultima, infatti, assume nella nostra scuola un significato ampio, comprendendo non solo il ricordo della Shoah, ma anche la memoria di altri simili tragici eventi del XX secolo. Noi siamo cresciuti nella convinzione, maturata sul duplice filo della conoscenza e dell’ascolto delle testimonianze, che senza memoria il presente è a rischio e il futuro pure: “Spaventa tutti il pensiero di quanto potrà accadere tra una ventina d’anni, quando tutti i testimoni saranno spariti. Allora tutti i falsari potranno affermare o negare qualsiasi cosa” ( Primo Levi, I sommersi e i salvati).
Quest’anno abbiamo avuto la possibilità di approfondire il tema della memoria attraverso la lettura del libro “La masseria delle allodole”, romanzo scritto da Antonia Arslan, che racconta la storia vissuta dai suoi familiari e dal popolo armeno, vittima di un genocidio poco noto o dimenticato. Abbiamo integrato la lettura del libro con la visione del film diretto dai fratelli Taviani: forte è stato l’impatto emotivo del linguaggio cinematografico che ci ha narrato le atrocità vissute dal popolo armeno.
Apice di questo percorso è stato l’incontro con l’autrice del libro, ospite nel nostro Istituto il 16 febbraio scorso: abbiamo avuto l’occasione di fare nostre le esperienze, le conoscenze, le parole e le emozioni di chi, riappropriandosi delle proprie radici, ha ripercorso le ingiustizie subite dalla propria famiglia e la tragedia del proprio popolo.
Le raccontiamo, in breve, cosa abbiamo imparato.
Il popolo armeno è un popolo autoctono della regione caucasica, compresa, alla fine dell’Ottocento, nei territori dell’Impero russo e dell’Impero ottomano, da sempre convissuto con la maggioranza turca, distinguendosi per l’impegno nell’ambito lavorativo e vivacizzando l’economia turca.
Il massacro armeno affonda le sue radici nel XIX secolo, quando iniziarono a nascere movimenti nazionalisti turchi, che, diversamente da quanto previsto nel Trattato di Santo Stefano del 1878, si rivelarono poco inclini al riconoscimento e al rispetto delle minoranze. Già nel 1894 ebbero luogo i primi massacri, perpetrati anche per mezzo delle truppe curde, i cosiddetti "Hamidiés". I tentativi di insurrezione armena vennero considerati pretesti per giustificare il massacro, rispetto al quale l’Europa rimase quasi del tutto indifferente. Dopo un decennio di conversioni forzate ed eccidi, con la nascita del movimento dei "Giovani Turchi", si affermò il nazionalismo panturchista, secondo il quale gli altri popoli dovevano essere espulsi o sterminati. Lo scoppio della I guerra mondiale e le sconfitte turche fecero precipitare la situazione, che culminò con il disarmo degli armeni nel gennaio 1915, ritenuti responsabili delle sconfitte e sospettati di complicità con i russi. Seguirono l’uccisione di tutti gli uomini armeni di Costantinopoli il 24 aprile e la marcia forzata di donne e bambini verso Aleppo e poi verso la morte nel deserto di Deir-es-Zor. Conclusa la Prima Guerra Mondiale, venne proclamata, alla fine del maggio 1918, la Repubblica Armena, riconosciuta come stato indipendente col Trattato di Sèvres del 1920.
Tra il 1920 e il 1922 ebbe luogo, tuttavia, un’ultima fase del massacro, ad opera di Mustafà Kemal.
Le cifre totali dell’eccidio arrivano a contare circa un milione e mezzo di morti.
“Possiamo fare quel che vogliamo. Chi si ricorda più del genocidio degli Armeni?” disse Hitler nel 1939, credendo che “la soluzione finale” non avrebbe intaccato, proprio come nel caso armeno, la coscienza collettiva. La Shoah rimane, giustamente, nella storia, mentre il genocidio armeno giace ancora oggi nel silenzio. Molti stati, infatti, continuano a negare che quest’ultimo sia avvenuto e tra essi primeggia proprio la Turchia. Altri stati, invece, si sono opposti a questa posizione negazionista, riconoscendo nel massacro degli armeni un vero e proprio genocidio: una Dichiarazione congiunta degli Alleati lo riconobbe già nel 1915, il Parlamento italiano nel 2000.
Nel 1985 la Sottocommissione dell’ONU per i diritti dell’Uomo e nel 1987 il Parlamento Europeo hanno ufficialmente riconosciuto il genocidio armeno. Abbiamo tuttavia potuto constatare che la conoscenza dei fatti e il riconoscimento del genocidio armeno sono ancora lontani dall’essere presenti nella memoria e nella coscienza collettiva. Persino i testi scolastici di storia spesso tacciono a questo proposito o si limitano a dedicargli un’immagine con una breve didascalia. Quasi nessuno parla esplicitamente di genocidio. Questo silenzio ci preoccupa. Non vogliamo ‘buchi’ nella storia.
Se è vero che l’educazione alla cittadinanza trova compimento in situazioni di cittadinanza agita, riteniamo che il nostro percorso di quest’anno debba concludersi con un atto carico di significato simbolico e per questo ci siamo rivolti a Lei. Ci sembra, infatti, importante che proprio il Comune di Busto Arsizio, che ospita la scuola in cui siamo cresciuti, presti attenzione alla questione armena, riconoscendo il genocidio armeno, come già hanno fatto tanti altri Comuni italiani.
L’atto potrebbe essere preparato da un cammino di conoscenza esteso alla cittadinanza, in collaborazione tra l’Istituzione scolastica, l’Amministrazione comunale e la Comunità Armena Italiana.
Questo significa per noi mantenere viva la memoria. Questo significa per noi essere cittadini attivi.
Confidando nella Sua attenzione e nella Sua sensibilità alla nostra richiesta, Le porgiamo i nostri saluti.
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