Dopo il furto la Gioconda rimase per due anni a Dumenza

Un secolo fa Vincenzo Peruggia rubò il celebre quadro al Louvre. Pietro Macchione, autore del libro “Ho rubato la gioconda” , ha cercato di fare chiarezza su una storia che continua ad alimentare leggende

vincenzo peruggia la gioconda

Era di bassa statura, di esile struttura scheletrica e con una grande apertura delle braccia. Così grande da consentirgli di rubare la Gioconda e portarla fuori dal Louvre senza che nessuno se ne accorgesse. Quando lo psichiatra visitò Vincenzo Peruggia (foto), per conto del tribunale di Firenze, non trovò segni che ne rivelassero una particolare personalità criminale. Eppure aveva davanti a sè l’uomo che, il 20 agosto del 1911, trafugando il celebre dipinto di Leonardo da Vinci, aveva realizzato il colpo del secolo.

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Peruggia era un semplice decoratore che, come molti altri dalla Val Veddasca e dalla Val Dumentina, era emigrato in Francia in cerca di lavoro e a Parigi, oltre alla fame, aveva portato con sè una grande passione: andare per musei. E destino volle che il giovane Peruggia venisse assunto proprio dal museo del Louvre. Di quel colpo, che oggi, 20 agosto 2011, compie un secolo tondo tondo e per il quale vennero sospettati anche Pablo Picasso e il poeta Guillaume Apollinaire, si sa ormai quasi tutto. Rimangono ancora poche ombre sulle quali Pietro Macchione, autore del libro “Ho rubato la Gioconda” (Macchione Editore), ha cercato di fare chiarezza.

Il mistero del “soggiorno” del quadro – Tra le questioni irrisolte c’è quella della permanenza della Gioconda a Dumenza nei due anni successivi al furto. Secondo la testimonianza di Graziano Ballinari, fondatore del museo di Garabiolo, mentre il mondo intero si chiedeva dove fosse finito il sorriso ineffabile di Monna Lisa, il dipinto era nascosto a Cadero con Graglio, piccolo paese della Val Veddasca, nell’incavo di un tavolo sotto un tappeto nell’osteria dei fratelli Lancellotti, amici del Peruggia e suoi complici nel furto. Una storia che il Ballinari ha sempre sentito raccontare dal padre, amico dei due fratelli.

Tutte le vie dell’arte portano a Firenze – Il quadro fu recuperato il 12 dicembre del 1913 a Firenze dove il Peruggia aveva fissato un incontro con l’antiquario Alfredo Geri che avrebbe dovuto acquistarlo per la somma di 500 mila lire. Il decoratore della val Dumentina venne arrestato perché l’antiquario rivelò per tempo al direttore degli Uffizi del suo speciale contatto con Vincenzo Leonard (così il Peruggia siglava le missive indirizzate a Geri) e di quella incredibile offerta.  Vincenzo Peruggia fu condannato a un anno e quindici mesi di carcere, pena ridotta in seguito a sette mesi e otto giorni, sotto la pressione dell’opinione pubblica che vedeva in quel gesto una sorta di riscatto patriottico.

Il mio nome rimarrà per sempre nella storia – «Marciranno i tetti, ma il mio nome rimarrà celebre per sempre» aveva detto un giorno il Peruggia alla figlia Celestina. Il ladro della Gioconda morì in Francia l’8 ottobre del 1925, giorno del suo compleanno, stroncato da un infarto a soli 44 anni, mentre rientrava a casa con in mano una bottiglia di champagne e un pacchetto di dolci. Il decoratore di Dumenza aveva ragione, il tempo non ha sbiadito i contorni di questa storia e il celebre furto continua ad alimentare leggende. C’è infatti chi sostiene con convinzione che la Gioconda non sia mai ritornata al Louvre, perché  ai francesi venne consegnata una copia del quadro, mentre l’originale si troverebbe ancora oggi in qualche angolo sperduto del Luinese.

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 20 Agosto 2011
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