Palasport, il professionismo aiuta tutto il movimento

Elogio della scelta del sindaco Fontana di dare in concessione il Palasport alla Pallacanestro Varese con contratto economicamente favorevole

Lanciotto Gigli, assessore alle finanze della prima, e al momento unica, giunta “rossa” a Palazzo Estense, all’inizio degli Anni 50, acquisì alla città Villa Mirabello e il suo parco. Sarebbe stata una iniziativa certamente non fuori ordinanza qualche decennio dopo, perché si dà il caso che in quei giorni ci fosse fame di case per gli operai e in genere per i meno abbienti e dirottare dal piano dell’edilizia una simile somma non era una scelta facile. Il tempo diede ragione, e tanta, a Gigli.
Paragonare il palasport a un parco può avere senso in termini sociali ed è giusto ricordare allora la sensibilità della giunta “bianca” che nel 1964 realizzò a Masnago, dedicandolo a uno dei fautori, il sindaco Lino Oldrini, un impianto adeguato.
Il palasport sarebbe diventato in breve uno dei templi europei del basket e, grazie alla società di patron Borghi e alla squadra, avrebbe portato ovunque l’immagine splendida di una piccola città e di un territorio la cui fama diversamente sarebbe rimasta negli ambienti economici nazionali.
Nessuno ebbe a ridire dell’impegno finanziario del Comune anche quando, qualche anno dopo, il Palazzo venne chiamato a dare uno stadio più capiente a un Varese Calcio, sempre grazie alla famiglia Borghi, straripante nelle serie professionistiche.
Non ha meravigliato che oggi ci siano sensibilità diverse e che si contesti il “favore” fatto dalla Giunta Fontana alla Pallacanestro con un contratto d’affitto a lunga scadenza e di entità modesta. Sono opinioni portatrici di una evidente antipatia o di arcaismi ideologici nei confronti dello sport professionistico del quale però non si considerano le ricadute sociali. Nell’orbita delle prime squadre infatti ci sono tanti pianetini, costituiti dalle varie formazioni giovanili e dai centri di addestramento ai quali affluiscono nugoli di ragazzini. Parliamo quindi di centinaia di famiglie coinvolte. Occorre inoltre sottolineare che nemmeno nelle annate sportive grame i tifosi di basket e calcio, sono migliaia, hanno abbandonato le squadre del cuore; non le hanno lasciate, rimettendoci per pura passione molti soldini, nemmeno gli azionisti. Lo sport professionistico è anche e ancora amor di bandiera e ha il merito, almeno qui da noi, di aver fatto da moltiplicatore dell’attività a livello dilettantistico, contribuendo a tenere ad alto livello la cultura della pratica sportiva, diffusissima anche per altre discipline. Se gli amministratori civici avessero trascurato le occasioni nate dallo sport professionistico la comunità non sarebbe riuscita a costruirsi anche una storia sportiva ricca di valori. Ed è una fortuna che siano oggi una minoranza i politici che non la pensano come il sindaco Fontana e la sua giunta.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Febbraio 2012
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