Lo scultore della Valceresio che sopravvisse al Titanic

Emilio Portaluppi si trasferì a Barre, Vermont, la capitale del granito, dove fece lo scalpellino. È stato uno dei tre superstiti del naufragio più famoso del mondo e la sua vita avventurosa si è chiusa nel 1974 dove era iniziata, ad Arcisate

emilio portaluppi titanic (per gallerie fotografiche)

Emilio Portaluppi aveva trent’anni, la fama di scultore di pregio e una vita già avventurosa, quando s’imbarcò sul Titanic a Cherbourg, il 10 aprile 1912, cent’anni fa.
Era originario di Arcisate e e solo cinque giorni dopo si ritrovò nelle acque gelide dell’Atlantico: sopravvisse al naufragio e fu uno dei tre italiani che – per tanti anni ancora – poté raccontare la sua vicenda ad amici e parenti, sulle due sponde dell’Oceano che l’aveva risparmiato.

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La storia inizia dalla povertà e dalla pietra. La povertà da cui scappavano gli abitanti della Valceresio, la pietra della valle che aveva fatto crescere generazioni di scalpellini. Da qui Portaluppi – che era nato il 15 ottobre 1881 ad Arcisate, allora in provincia di Como – partì nel 1903. Destinazione: Barre, Vermont, la capitale del granito USA dove arrivarono scalpellini da tutta Europa e che divenne anche una piccola capitale degli anarchici.

Dalla Valceresio a Barre, Vermont: il viaggio degli scalpellini

Come l’apostolo anarchico Elia Corti da Viggiù, anche Portaluppi da scalpellino si trasformò in scultore e vero artista: mentre a Barre infuriava la guerra tra anarchici e socialisti, lui si trasferì a Milford, NewHampshire, dove lavorò come scultore alla Tonella & Sons Granite and Manufacturing Company. Si sposò nel 1903 con una compaesana emigrata e nel 1911 tornò in Italia, forse per riprendere il rapporto con la moglie (da cui si era nel frattempo separato) e con la figlia Ines. Poi nel 1912 riprese la via dell’Oceano, viaggio di seconda classe sulla nave più moderna del mondo: il Titanic.

Sul lungomare di Alassio, dove passava le estati da pensionato, narrava a volte la sua avventurosa notte: raccontava di essere andato a letto presto, la sera di domenica 14 aprile, e di essersi svegliato ore dopo a causa di un grande rombo, il terribile scontro con l’iceberg nelle acque del Newfoundland, Terranova.

14 aprile 1912: Emilio Portaluppi e il naufragio del Titanic

Su cosa accadde dopo, ci sono varie versioni, quasi un mistero: forse si buttò in mare dalla campata della nave, forse riuscì a salire su una scialuppa in modo fortunoso. Nel 1998 la figlia Ines in una breve intervista (aveva allora 94 anni) raccontò così il momento vissuto dal padre Emilio: «Il Titanic si rovesciava. Era come buttarsi da una montagna in mare. Aveva raggiunto un banco di ghiaccio e si era seduto lì ad aspettare che qualche scialuppa passasse. Era notte. Finalmente, dopo sette ore, l’ultima scialuppa l’ha raccolto. Ed è stata quella la sua fortuna».

Fu poi raccolto, insieme ad altri 704 naufraghi, dal transatlantico Carpathia: negli archivi dell’immigrazione di Ellis Island compare proprio tra i passeggeri attraccati a New York il 18 aprile 1912, nella lista dei cittadini americani, 30 anni, sposato (nella foto a destra: la lista dei passeggeri del Titanic recuperata da Claudio Bossi al London National Archive. Il nome di Portaluppi è sbarrato e accanto ha la scritta saved, salvato). La sua vita continuò a lungo negli Stati Uniti: dopo aver combattuto nell’esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale, si trasferì stabilmente nella contea di Passaic nel New Jersey.

“Quando lo zio italiano mi raccontò del Titanic”

Divenuto anziano, passò gli ultimi anni tra le due sponde dell’Atlantico, alla sua famiglia allargata raccontava di tanto in tanto quella vicenda avventurosa. Si tramanda che ogni anno, al 15 aprile, Emilio Portaluppi organizzasse un pranzo per festeggiare il giorno in cui era nato per la seconda volta. Chi lo incontrava sul lungomare di Alassio se lo ricorda come un gentleman, con il suo album da disegno che richiamava subito la sua vita di artista della pietra, uno dei tanti della Valceresio che si fecero valere in America con il loro lavoro (nella foto: il monumento al lavoro dello scalpellino, a Barre, Vermont).  Morì nel 1974, ad Arcisate, dove ancora vivono i suoi discendenti.

 

 

La storia di Emilio Portaluppi è stata ricostruita a partire dalle fonti di stampa e dai documenti raccolti da Claudio Bossi, il più esperto conoscitore delle vicende degli italiani sul Titanic.

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Pubblicato il 30 Marzo 2012
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