“Sono disabile, mi hanno licenziato da un giorno all’altro”

Una storia di lavoro in tempo di crisi: Franco Testa ha metà del corpo bloccata per una paralisi, ma ha sempre lavorato. Tra pochi mesi non avrà più alcun reddito: "Ma vorrei anche solo rendermi utile"

«Mi hanno licenziato da un giorno all’altro, senza dirmi il perché». Franco Testa ha quarant’otto anni, all’età di otto ha subito una paralisi che ha reso inutilizzabile il braccio destro e ha reso rigida la gamba destra. Nonostante questo, ha avuto una vita lavorativa vera: «Ho lavorato alla Manifattura di Ferno, dal 1981 al 1989: ho fatto l’addetto alle macchine. Poi dal 1990 al 2010 sono stato assunto in una fabbrica di Lonate Pozzolo, come fattorino e tuttofare. Facevo le piccole pulizie la mattina presto, andavo in posta». Dopo anni di lavoro (in un’azienda di grandi dimensioni: 100 addetti), con la crisi sono incominciati i problemi: «Da gennaio 2009 a luglio 2010 sono stato in cassa integrazione. Poi finita la cassa mi hanno chiamato in direzione: mi hanno detto che o accettavo la buonuscita o mi avrebbero licenziato comunque. Ci sono stati cinque licenziamenti in azienda, ma nessuno era disabile. Gli altri disabili che lavorano lì sono rimasti, anche chi era stato in cassa integrazione». Alla fine Franco ha accettato la buonauscita, spaventato e preoccupato dall’atteggiamento dei proprietari. Un colpo duro per una persona non giovanissima, con una invalidità all’85% che non gli dà diritto comunque ad una pensione: «Non riesco a capire il perché» continua a ripetere. «Perché mi hanno lasciato a casa? Io non ho fatto niente a loro, non capisco cosa sia cambiato per loro».

La storia di Franco è forse solo una tra tante, ma merita comunque di essere raccontata, per dire le difficoltà di chi si trova in questa situazione: «Sono in mobilità da luglio 2010, mi scadrà a luglio. Ho portato in giro una marea di curriculum: a volte non mi danno neanche una risposta, a volte dicono solo che faranno sapere. Io non ho neanche una pensione di invalidità, devo ringraziare solo i miei genitori (che hanno 83 e 75 anni) altrimenti non si sopravvive. Mi mancano 12 anni alla pensione, come faccio a tirare avanti?». La questione, però, non è solo economica: se il tempo vuoto e senza senso colpisce chiunque perde il lavoro, per un disabile il senso di inutilità diventa ancora più pesante da sopportare. «Ora mi basterebbe anche solo un part-time, fare le pulizie da qualche parte: anche oggi vorrei poter stare fuori casa, fare qualcosa di utile. In passato ho fatto il volontariato al Perograno, una comunità per persone con la sindrome di down. Poi mi hanno chiamato come LSU in Comune, anche se in realtà non ho avuto una vera occupazione, tranne che il periodo in cui era assente un dipendente e mi sono occupato di attività di segreteria, scrivevo testi e lettere. Altro volontariato l’ho fatto in oratorio, gestendo le prenotazioni dei campi sportive». Così rinnova ancora l’appello per un lavoro di qualsiasi tipo.

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Pubblicato il 08 Marzo 2012
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