Il medico di famiglia deve mettersi in rete con i colleghi

I medici di base sono una realtà importante del nostro sistema sanitario nazionale. Tecnologia, nuove strutture organizzative e sistemi informativi all'avanguardia possono migliorare il loro ruolo

Nelle polemiche sulla sanità ogni tanto emergono valutazioni relative ai medici di base sui quali si vorrebbe scaricare, sia pure in piccola parte, responsabilità in ordine alla scarsa efficienza, presunta o vera, di alcuni servizi erogati dal sistema sanitario.
Non vogliamo addentrarci in questi problemi, ci interessa invece aggiornare i nostri lettori su questi professionisti della cura della nostra salute: lo facciamo con il dottor Paolo Parini, uno di loro, apprezzato per il suo impegno e per il profilo che lo ha sempre contraddistinto nel lavoro: serenità, equilibrio, rispetto dei clienti e delle regole.

Dottor Parini, c’erano una volta i medici "condotti", poi Albertone Sordi propose la figura divertente, ma non si sa quanto credibile, dei medici della mutua: l’approdo odierno
scelto dal servizio sanitario nazionale secondo lei è di piena soddisfazione per le esigenze degli assistiti?
«Dopo quello francese il nostro servizio sanitario è il migliore del mondo: dalla nascita sino alla fine della vita ogni cittadino ha il diritto di essere curato gratuitamente. Non è cosa da poco, è bene ricordarlo. È un servizio capillare, qualsiasi cittadino in caso di necessità viene assistito da un medico o presso una struttura: in tempi graduati secondo l’urgenza e comunque accettabili, viene sottoposto a cure, analisi e quant’altro serva per la sua salute».

Dove e come può essere migliorata la vostra azione.
«Io sono convinto che l’assistenza medica di base possa migliorare se si pensa a nuove realtà strutturali e organizzative. Si dovrebbe avere sul territorio una rete fatta di studi di medici associati, alcuni anche specializzati, strutture che abbiano a disposizione una segretaria e una infermiera e possano contare pure su spazi adeguati. Mi rendo conto che simili strutture oggi comportino costi elevati e quindi se ne potrà parlare in futuro».

L’ idea di questi ambulatori gratuiti sul territorio è eccellente, sarebbe un primo livello di servizio e di controllo di notevole efficacia.
«Io sono convinto che questo sia il vero futuro del nostro servizio ai cittadini»

Per la sanità i governi spendono, ma voi medici di base vi comportate bene o siete spendaccioni?

«Ognuno di noi ha un computer dove registra tutta l’attività a favore di ogni singolo paziente e per esempio alla sera la sanità regionale sa quanto io le sia costato in termini di visite, farmaci, prescrizioni di esami ogni tre mesi siamo sottoposti a una verifica di routine, se ci son sbalzi nelle media delle spese ce ne chiedono la ragione: non lo fanno con metodo inquisitorio, semplicemente desiderano delucidazioni e se il picco rilevato e si dissocia di molto dalla media allora ci può essere il richiamo e la richiesta di delucidazioni».

Non ci sono comunque limitazioni o ingerenze in ordine alla vostra professionalità. Non è vero allora che inviate plotoni di pazienti ai colleghi dell’ospedale.

«No, nel modo più assoluto. Quando un mio paziente ha bisogno di cure ospedaliere accompagno la richiesta con la sua storia sanitaria che ho nel computer perché queste informazioni possono agevolare il collega del Pronto Soccorso che lo visiterà prima dell’eventuale ricovero o degli accertamenti».

Al Pronto soccorso del "Circolo " si rivolgono molti cittadini, forse troppi. Vi… dribblano?

«È dai tempi dell’indimenticato dottor Montoli che c’è questo bel rapporto, ma molte situazioni sono cambiate, tra l’altro c’è in tutti più ansia e attenzione alla salute e si può capire che a volte nascano notevoli difficoltà per colleghi e infermieri del "Circolo" che peraltro si prestano sempre con grande dedizione. Non ci sentivamo dribblati ieri e nemmeno oggi. Si può accettare che di fronte a un sintomo uno improvvisamente voglia saperne di più subito».

A proposito di ansia e nevrosi di massa, indirettamente contribuisce ad aumentarle la valanga di informazioni da parte dei mass media.
«La medicina mediatica è importantissima per lo sviluppo della cultura della prevenzione, molto meno quando dà risalto a novità che sono tali, cioè non hanno ancora superato la soglia importante dell’esperienza».

Un tempo si parlava del "medico di famiglia":  a lei riesce di tenere questo antico, utilissimo rapporto con i suoi pazienti?

«Certamente.La conoscenza e la fiducia sono componenti essenziali del rapporto medico-paziente».

L’Università e l’ospedale vi seguono, vi considerano quello che voi in realtà siete per la comunità, cioè una risorsa?
«L’ospedale in particolare prende buone iniziative in tema di aggiornamento, solo che ricadono spesso in ore di punta della nostra attività . Con il "Circolo" e Università ci sono legami professionali eccellenti per il tramite di amicizie personali , ma una organizzazione "guidata" dei rapporti avrebbe risvolti culturali di rilievo».

E che cosa possono fare i cittadini per voi?
«Credo che debba essere meglio capito il nostro ruolo e che esso vada considerato non solo sotto il profilo burocratico. Meno ansia e più umanità gioverebbero molto a tutti».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Giugno 2012
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